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Vangelo di domenica 21 Agosto PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
domenica, 21 agosto 2011 06:34

ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 16,13-20.  In quel tempo, essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?».
Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.(nella seconda parte il commento di mons. Vincenzo Bertolone Arcivescovo metropolita di Catanzaro)

«Su questa pietra edificherò la mia chiesa»

        Il Signore interpella direttamente i Dodici: "Voi chi dite che io sia?". A nome di tutti, con slancio e decisione è Pietro a prendere la parola: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Solenne professione di fede, che da allora la Chiesa continua a ripetere. Anche noi quest'oggi vogliamo proclamare con intima convinzione: Sì, Gesù, tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! Lo facciamo con la consapevolezza che è Cristo il vero "tesoro" per il quale vale la pena di sacrificare tutto; Lui è l'amico che mai ci abbandona, perché conosce le attese più intime del nostro cuore. Gesù è il "Figlio del Dio vivente", il Messia promesso, venuto sulla terra per offrire all'umanità la salvezza e per soddisfare la sete di vita e di amore che abita in ogni essere umano. Quale vantaggio avrebbe l'umanità accogliendo quest'annuncio che porta con sé la gioia e la pace!

        "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". A questa ispirata professione di fede da parte di Pietro, Gesù replica: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli". È la prima volta che Gesù parla della Chiesa, la cui missione è l'attuazione del disegno grandioso di Dio di riunire in Cristo l'umanità intera in un'unica famiglia. La missione di Pietro, e dei suoi successori, è proprio quella di servire quest'unità dell'unica Chiesa di Dio formata da giudei e pagani; il suo ministero indispensabile è far sì che essa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura, ma che sia la Chiesa di tutti i popoli, per rendere presente fra gli uomini, segnati da innumerevoli divisioni e contrasti, la pace di Dio e la forza rinnovatrice del suo amore. Servire dunque l'unità interiore che proviene dalla pace di Dio, l'unità di quanti in Gesù Cristo sono diventati fratelli e sorelle: ecco la peculiare missione del Papa, Vescovo di Roma e successore di Pietro.

Benedetto XVI

 

XXI Domenica del Tempo Ordinario

21 Agosto 2011

 

Una domanda da porsi, una risposta da vivere

 

 

Introduzione

 

                Anche per il divino Maestro è tempo di bilanci. Infatti, in questa XXI Domenica del Tempo Ordinario, attraverso un “interrogatorio” incalzante, diviso in due tempi, Gesù, dopo aver predicato, guarito i malati, discusso con i suoi oppositori, vuole sapere che cosa abbiano capito di Lui.

                In un primo tempo chiede ai suoi discepoli ciò che la gente dice di Lui; quindi in un secondo tempo interpellando direttamente i discepoli chiede: “E voi chi dite che io sia?”. Certo, a Gesù non serve sapere cosa si dice su di Lui: l’audience, l’indice di gradimento non ha alcun peso sull’esito della sua missione e sulla sua volontà nel compierla; né tanto meno vale l’opinione dei suoi discepoli, ai quali tuttavia la domanda serve prima di tutto a non dare per scontato la loro conoscenza del Maestro, ma stimola ad essere sempre ricercatori della verità che Egli “è”.

Cristo, infatti, non è ovvio, come nuova ogni giorno è la fede. E le voci del mondo ci costringono a non accettare nulla come scontato e risaputo: né il bene né il male, né la vita né la morte, né l’uomo né Dio. Ogni giorno è una scoperta nuova, un continuo rinnovarsi, un dare risposte credibili, su una verità che non cambia mai, in situazioni che mutano repentinamente. Perciò anche oggi le risposte che la gente dà su Cristo come battezzati  devono interessarci, giacché esse ci spingono a spezzare le catene delle nostre sicurezze per rinnovare ogni giorno il nostro personale incontro con Cristo.

Seconda cosa importante da rilevare è che la domanda rivolta direttamente ai discepoli rende veramente tali, ovvero fa sì che la risposta attesa parta veramente da ciascuno di loro. Ciascuno, con il proprio cuore, la propria forza, la propria esperienza, il proprio peccato. E qui non servono studi o letture, libri o formule di catechismo, ognuno uscito dalle mani di Dio, dissetato alle fonti di Dio, ognuno caduto e risorto, sa in cuor suo la risposta.

E la risposta non implica solo un “dire”, facile essere oggi specialisti della parola, la risposta cristiana è soprattutto un “fare”, un vivere secondo lo stile del Maestro: il vero discepolo non è colui che dice di Gesù, ma colui che vive di Gesù.

Lasciamoci, allora, provocare da questa domanda, lasciamoci aprire e scuotere da essa perché ci rimetta in cammino e, amandola, rivivendola, diventi per noi eco che riempia i silenzi della nostra anima.

 

Un uomo sui generis

 

                Nel fare il punto della situazione Gesù esordisce chiedendo ai suoi discepoli cosa la gente abbia capito di lui. Le risposte che ottiene dai suoi sono le più inverosimili: c’è chi ritiene che sia Giovanni Battista redivivo, altri qualcuno dei profeti, come Elia o Geremia, ritornato in vita. 

Se oggi dovessimo rivolgere la stessa domanda di Gesù alla gente, forse il risultato cambierebbe di poco. Tutti, usando parole diverse, pensano infatti a Gesù come ad un semplice uomo: è il trionfo della sua riumanizzazione. Certo, si tratterebbe sempre di un uomo speciale, “singolare”. Ad esempio per i giovani, soprattutto quelli “lontani”,  è un uomo senza compromessi, dai sentimenti puliti, affascinanti, l’unico senza traccia d’ipocrisia. Un uomo che non disprezza i sentimenti terreni dell’amicizia e, perché no, dell’amore, fili sottili che bastano per trasformare una persona e farla esclamare, come uno che si affaccia per la prima volta alla vita: “sono cambiato, sono un altro”. Nonostante ciò, però, Gesù resta ancora un orizzonte aperto: non è proprio un uomo, c’è qualcosa in Lui che va oltre il nostro limite, ma l’incertezza su Gesù non trova i mezzi e la volontà per spingere oltre la propria indagine su quest’uomo.

Di Gesù come uomo parlano alcune  correnti di pensiero appartenenti a uomini laici, o non credenti, impegnati a costruire un mondo più giusto. In questo caso però l’ottica è diversa: Gesù è un profeta della storia, non di Dio; è colui che ha infranto i tabù e le paure, che ha dato una coscienza e una voce ai derelitti e agli oppressi, preparando così da lontano la loro riscossa e la loro liberazione. È stato poco meno che un rivoluzionario, un “comunista”, ante litteram, un martire politico, un martire ribelle.

Se infine passiamo alle risposte date dai filosofi e teologi, anche qui le sorprese non mancano, resta però un comune denominatore: Gesù è un uomo. “L’uomo libero che, a Pasqua, contagia gli uomini con la sua libertà” (P. Van Buren); “L’uomo integrale”, l’ha definito P. Schoonenbergs, cioè uno che ha realizzato fino in fondo tutte le possibilità dell’uomo e che può essere, perciò, indicato come modello di perfetta umanità, nella quale Dio si è reso presente in maniera totale e definitiva. In altre parole Egli non “è” Dio, ma in Lui “c’è” Dio.

Ma oggi, come allora, Gesù ha veramente bisogno di tutto questo? Lui personalmente no, ma sa bene che per noi è importante, giacché le tante voci che giungono a parlarci di Gesù e su Gesù ci costringono a mettere ogni giorno in discussione la nostra risposta personale alla domanda fatidica: “E tu chi dici che Io sia?”.

Gesù, infatti, continua ad agire nei nostri confronti come ha fatto con i suoi discepoli: ci interpella personalmente, non si accontenta che noi sappiamo cosa si dice di Lui, cosa dice la cultura intorno a Lui. Cristo vuole la nostra risposta, quella dei credenti che in Lui hanno riposto anche ogni speranza. Cristo ci vuole suoi discepoli e testimoni credibili della verità sulla sua identità: Egli è il Figlio di Dio.

 

Dalla parola alla vita

 

                Dunque, la nostra risposta alla domanda “chi sia veramente Gesù”, non va inventata, essa contiene le parole confessate da Pietro nello stesso giorno in cui Gesù rivolse a lui la domanda: “Tu chi pensi che io sia?”, la risposta è stata : “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”.

                Questa è la sola risposta veramente di fede alla domanda: chi è Gesù? Tutte le altre risposte del mondo non rappresentano la fede, piuttosto la ricerca; non vengono dall’alto, “dal Padre che sta nei cieli”, ma dal basso, “dalla carne e dal sangue”, ovvero da quel sano interrogarsi su Gesù fatto al lume della ragione, dell’esperienza, e anche della propria ideologia.

Tra le due risposte su Gesù c’è la stessa differenza che intercorre fra i Magi in cammino verso Betlemme e i Magi di ritorno da Betlemme: i primi “andarono informandosi diligentemente del Bambino”, i secondi “avendo trovato, lo adorarono” ritenendolo Dio.

A noi discepoli di Cristo per essere testimoni credibili spetta il dovere della ricerca e la passione della fede. La ricerca, infatti, rinnova la fede e, soprattutto, la incarna. Se credessimo di essere già arrivati alla comprensione della verità, se smettessimo  di porci domande su Cristo, di ripensare la sua Presenza alla luce dei problemi, delle esigenze e degli interrogativi di oggi, davvero daremmo ragione alle tante voci del mondo che dicono e scrivono su Gesù.

                Invece, noi siamo chiamati a dare una risposta viva su di Lui, continuamente rinnovata, rivissuta e interiorizzata. Siamo chiamati a trapiantare la verità su Cristo e di Cristo in ogni generazione e in ogni cultura che si avvicenda sulla scena del mondo. In definitiva, siamo chiamati ad assolvere come Chiesa, riunita attorno al successore di Pietro, il Papa, alla prima missione che c’è stata affidata: testimoniare. E la testimonianza cristiana passa prima di tutto attraverso la visibilità del rapporto personale con Cristo, riconosciuto quale Signore della propria vita.

                 Il mondo oggi ha bisogno di questa visibilità: ha bisogno di testimoni che non sappiano essere solo buoni oratori, di quelli ce ne sono anche tanti, ma sappiano esistere, vivere da cristiani. La nostra sola presenza, il nostro stile di vita, infatti, è già un pronunciarci: siamo noi che “In ogni istante di vita costituiamo per gli altri un argomento pro o contro Gesù Cristo” (R. Bazin). È il nostro modo di vivere che rende credibile a tutti l’amore di Dio per l’umanità, è il nostro stile di credenti e di discepoli che vale a confessare, di fronte agli altri, come Pietro, riguardo a Gesù: “Tu sei il Figlio del Dio vivente”.

                Solo vivendo da discepoli innamorati del Maestro risponderemo alla vera esigenza dell’uomo contemporaneo che, come ha giustamente osservato Paolo VI, “ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, e se ascolta i maestri, lo fa perché sono testimoni”.

 

Conclusioni

 

                Oggi la testimonianza più visibile la possiamo trovare nel milione mezzo di giovani che, da ogni angolo del pianeta, sono accorsi a Madrid, rispondendo all’appello del Papa, per ascoltare il maestro, per vedere il testimone. Proprio loro il cardinal Bagnasco, dalle pagine di Avvenire, ha definito la risposta “creativa e non distruttiva” alle crisi del mondo.

                Sono loro oggi a dare visibilità all’amore del Padre per l’uomo; sono loro a dire al mondo intero che la fede è possibile, che la speranza è certezza, che, infine, è balsamo per l’anima uscire ogni tanto dal baccano per entrare nel silenzio dove incontrare Dio e lasciarsi teneramente cullare da Lui.     

 

Serena domenica

+Vincenzo Bertolone

 

 

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