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Vangelo di domenica 12 giugno PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
domenica, 12 giugno 2011 00:16
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La Pentecoste di Giotto
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20,19-23.
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi».
Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo;
a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi». (Segue commento di mons. Bertolone)

Pentecoste

12/06/2011 

Vento leggero, respiro di vita

Introduzione

                Oggi la Chiesa ci invita a celebrare la festa di un eccellente “Sconosciuto”, la Terza persona della Trinità, lo Spirito Santo. “Sconosciuto” perché se dovessimo chiedere “Chi è lo Spirito Santo?”, arduo sarebbe trovare una risposta esaustiva. Non è un caso allora che la voce dedicata allo “Spirito” nel volume X del Grande Lessico del Nuovo Testamento occupa più di 340 fitte colonne di testo. Allora come possiamo parlare del Festeggiato, se la sua identità sfugge alla umana percezione?

                In nostro possesso, però, ci sono due informazioni certe sullo Spirito Santo. La prima informazione è che la Sua festa cade cinquanta giorni esatti dalla Pasqua, cioè segna il culmine, la pienezza di quella unica grande vicenda, e grande festa, che è la Pasqua.

È anche la Pentecoste, dunque, un fatto: la ricorrenza annuale di quel fatto che fu la discesa dello Spirito di Dio sugli apostoli e i discepoli, raccolti nel cenacolo insieme alla Madonna e alle altre donne, vale a dire sulla e nella Chiesa.

Quindi, un fatto inscritto in una storia, come il Natale, come la Passione e la Morte, come la Risurrezione e l’Ascensione, cioè unito a questi misteri, la Pentecoste è una delle tappe, uno dei momenti decisivi e fatali, attraverso i quali è piaciuto a Dio di scaglionare la storia dei suoi rapporti con l’uomo, la storia della salvezza.

La seconda informazione è che lo Spirito Santo non si conosce perché è  Lui stesso che ci fa conoscere. La luce generalmente non perdiamo tempo a guardarla, eppure, quando la luce c’è è proprio essa che ci consente di vedere tutte le cose attorno a noi. Come anche il respiro: noi non lo conosciamo e non ci badiamo neppure molto, ma è il respiro che ci consente di esistere nel tempo e compiere le nostre azioni. Così è lo Spirito Santo, noi non lo conosciamo e non ci badiamo neppure molto, eppure è Lui che illumina le nostre menti e i nostri cuori, suscitando in noi pensieri, parole e azioni cristiane; è lo Spirito Santo il respiro stesso di Dio che tiene acceso dentro di noi il desiderio della santità e la nostalgia del cielo.

Ecco lo Spirito Santo è una presenza dentro di noi che, come spiega il card. Biffi, “Ci fa conoscere il Figlio, e attraverso il Figlio arriva a darci l’intelligenza del Padre, e così fa piovere la sua luce su tutte le cose, svelandocene il senso”.

Ma questa capacità si attiva nel momento in cui accettiamo e condividiamo quei sette doni, di cui lo Spirito di Dio dentro di noi ci rende destinatari.

Spirito, alito, vento, fuoco

                È difficile parlare dello Spirito Santo. Non si sa cosa dire. Quando parliamo di Dio Padre in qualche modo ci sembra di poter pensare a Dio, partendo dall’immagine e dall’idea che ce ne hanno dato i patriarchi, i profeti e Gesù stesso. Quando parliamo, poi, di Gesù Cristo abbiamo davanti agli occhi la sua figura umana, come emerge dai quattro Vangeli.

                Ma per parlare dello Spirito Santo sembra che ci manchino parole adatte. Ci troviamo irrimediabilmente costretti a ricordare che non si può pretendere di “capire” o di raffigurarsi in modo adeguato il mistero di Dio.

                Tuttavia disseminati nell’Antico e Nuovo Testamento ci sono numerose immagini che parlano dello Spirito Santo. Lo “Spirito” è il vento: forza potente, libera, imprevedibile, incontrollabile. È respiro, alito caldo che è soffio vitale, principio e segno di vita, creatore di una nuova esistenza interiore. Ma è anche fuoco che arde i cuori, purifica, rinnova. Vento, respiro e fuoco sono tutti “santi”, divini: sono parole, funzioni e azioni caratteristici di Dio, gli appartengono in proprio e ne manifestano la natura, l’identità.

                Questo Spirito divino da quando Gesù è morto, risorto e asceso al cielo ci appartiene; è nostro elemento costitutivo tanto che un pensatore antico, Tertulliano, diceva questa verità sorprendente: “ Il cristiano è un composto di corpo, anima e Spirito Santo”. Per questo, non possiamo più usare solo immagini quando parliamo dello Spirito Santo, ma tutte le icone della Pentecoste sono colme di volti. In altri termini, da quando lo Spirito è diventato presenza di Dio in noi, il regno dei volti individuali è il regno dello Spirito Santo, vento, respiro, fuoco che si posa sugli uomini e sulle cose a richiamo perenne dell’immanenza di Dio.

                Compito dello Spirito, allora, è di rendere vivo e attuale il perdono e l’amore del padre e del Figlio attraverso le icone dei volti che compongono il quadro della Chiesa. Lo Spirito non fa altro che, come in Maria, incarnare anche in ciascuno di noi la Parola, perché noi possiamo rivestirla con la vita. perché il divino e l’umano trovano compimento solo così: l’uno nell’altro.

Così, Dio, mediante lo Spirito, parla con le nostre parole, piange con le nostre lacrime, ci sorride e ci ama come nessuno. E la nostra parola dà a Lui parola, la nostra vita disseta la Sua sete di vita. É lo Spirito che rinnova dall’alba al tramonto questa meravigliosa alleanza fra Dio e l’uomo, fra il Padre e il figlio.

I magnifici sette

                Se mediante lo Spirito siamo rinati come figli di Dio, allora il nostro modo di vivere, pensare, sentire e agire non deve essere lontano dal modo di Dio Padre. E perché ciò avvenga, lo stesso Dio, mediante l’intercessione del Spirito Santo, ha elargito a noi dei doni, i quali sorreggono la nostra vita morale, ci rendono attenti alle ispirazioni divine e ci orientano al bene.

                I sette doni dello Spirito veramente possono trasformare le nostre vite.

Lo Spirito di Sapienza è quello che dà sapore alla vita stessa, ovvero le conferisce la capacità di assaporare le cose di Dio, di riscoprire il gusto della Sua ricerca, di riconoscerlo nelle persone e nelle cose attorno a noi. Un proverbio cinese diceva: “Quando il saggio indica la luna, lo sciocco guarda il dito”. La sapienza dono dello Spirito, ci aiuta a guardare oltre il dito. Ci rende come il girasole: orientati tutto il giorno, tutti i giorni verso il nostro Sole per assaporarne il calore.

Non solo Sapienza, ma lo Spirito è anche intelligenza, ovvero capacità di leggere dentro, di sfuggire alle superficialità, per penetrare in profondità arrivando al cuore delle cose. L’intelligenza, inoltre, “costituisce l’uomo interprete e sacerdote del mondo” (Pico della Mirandola).

                Lo Spirito è pure consiglio. Ovvero, secondo la definizione degli antichi, lo Spirito di consiglio è progettualità, disegno. Dunque, come dono ci aiuta a conoscere il progetto di Dio su di noi, su ciascuno e sul mondo intero. Ma nella realizzazione di questo progetto, neppure ci abbandona a noi stessi: ci dona la fortezza, per infondere in noi coraggio, costanza e tenacia nel realizzare il nostro disegno personale.

Lo Spirito ci fa anche dono della scienza, per non essere improvvisatori della vocazione. Infatti avere conoscenza della realtà, delle cose e degli uomini si possono capire meglio gi altri, per la cui edificazione, se chiamati, occorre essere competenti. Insomma, se l’amore non è sorretto dalla competenza, va alla deriva; la buona volontà nel fare le cose non basta, occorre anche competenza, e grande spiritualità .

                Charles de Foucauld diceva: “Non appena ho creduto che c’era un Dio, ho capito che non potevo fare altro che vivere per Lui”. Queste sono le parole di un uomo ispirato dallo Spirito e colmo di pietà. E la pietà è un altro dono dello Spirito, essa, nell’accezione degli antichi, rivela l’amore dei figli per i genitori, di rimando, l’amore filiale di noi credenti per il Padre celeste.

Naturalmente dove c’è pietà, c’è delicatezza, tenerezza, paura di offendere e venerazione, verso tutti e, anzitutto, verso Dio. questo è il dono del Timor di Dio.

                Ecco per noi lo Spirito sarà anche misterioso e ostico da capire, ma noi riusiamo a comprenderlo nella misura in cui scopriremo questi suoi doni, vivi e operanti in noi, faremo loro spazio, e li metteremo a frutto.

Conclusione

                Oggi celebriamo la festa di Pentecoste, ricordiamo la presenza viva in noi dello Spirito Santo, dello Spirito di Dio, perciò in un certo senso facciamo festa anche alla Chiesa, a noi comunità di uomini e donne animate dallo Spirito di Dio, comunità di mani aperte al mondo e alla storia.

                Allora solo un augurio possiamo farci in questo giorno di festa, e lo formulo prendendo in prestito le parole di Santa Teresa di Gesù Bambino: “La Chiesa è un corpo che ha un cuore che arde d’amore. L’amore racchiude tutte le vocazioni. Allora esclamo: nel cuore della Chiesa io sarò l’amore! E lo Spirito Santo accenderà il mio cuore d’amore perché possa vivere alla tavola dei peccatori” portando salvezza e speranza. Questo è vivere secondo lo Spirito.

Serena domenica.

 

 

 

                                                                                                                         +Vincenzo Bertolone

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