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Vangelo di domenica 27 Marzo PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 26 marzo 2011 10:55
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 4,5-42 - Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani. Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?». Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete;ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».

Le disse: «Và a chiamare tuo marito e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: «Che desideri?», o: «Perché parli con lei?».
La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che gia biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

 

Commento di mons. Vincenzo Bertolone

III Domenica di Quaresima

27 marzo 2011

Sull’orlo del cuore

 Introduzione

                Dopo il deserto e la cima del monte Tabor, in questa III Domenica di Quaresima incontriamo Gesù in prossimità di un pozzo. Un altro luogo dalla forte carica suggestiva. Infatti la realtà del pozzo richiama l’acqua e richiama l’incontro.

Ma il pozzo, soprattutto nel mondo del vicino oriente, e dunque nel linguaggio biblico, è insieme luogo fisico e simbolico di grande rilevanza: da un lato è realmente sorgente d’acqua, essenziale alla sopravvivenza, nell’aridità delle terre desertiche, ed è anche fisicamente luogo d’incontro per carovanieri e pellegrini; d’altro lato è simbolo di vita, perché dove c’è acqua, c’è vita, è ristoro dello spirito durante il viaggio, è fonte di salvezza. Mentre come luogo simbolico d’incontro, il pozzo è il luogo privilegiato presso cui gli innamorati si incontrano. Si conoscono, decidono de rivedersi, amarsi, sposarsi.

                Per capire il dialogo, comprensivo, dolce e paziente di Gesù con la Samaritana, avvenuto proprio accanto al pozzo, conviene restare nel filone filone metaforico-simbolico. Occorre cioè dilatare il pensiero fino a comprendere dimensioni lontane e sconosciute. Così si parla di sete, per dare nome al desiderio più intimo dell’uomo; si parla di acqua per riferire dello zampillo inesauribile di un’acqua misteriosa; si racconta per arrivare all’eternità. E, infine, ci sono leggi e tradizioni da osservare, ma basta un incontro per suscitare parole nuove, nuovi desideri di libertà e di speranza.

                Allora tutto cambia e si è spinti a cercare in quella sorgente d’acqua pura che estingua definitivamente ogni sete.

La sete di Dio

                Il primo pensiero che affiora alla mente pensando al pozzo è la sorgente d’acqua che esso nasconde e conserva nelle sue profondità. E le sorgenti d’acqua sono preziose, lo sanno bene i nomadi del deserto. Infatti, una sorgente d’acqua fa fiorire un’oasi, fa germogliare la vita e placa la sete.

                Ma la sorgente d’acqua di cui parla Gesù nel Vangelo è sorgente che non ha niente a che fare con quel pozzo; e il pozzo stesso sul cui orlo Egli si siede e aspetta, è altro ancora. Mentre la sete a cui Egli fa riferimento, è un’altra sete.

Così, dietro parole e immagini apparentemente reali e familiari, si devono trovare altri significati, ovvero si deve aiutare la mente a scavare in profondità per cercare quella sorgente di verità che soddisfa pienamente ogni nostra sete.

                Allora scopriamo che il pozzo presso il quale si ferma Gesù, e sta seduto aspettandoci, non è in un luogo ben definito, in un deserto sconosciuto e lontano, ma è in noi, nell’angolino più segreto del nostro cuore. È là che Gesù ci aspetta per incontrarci. Proprio là dove hanno inizio i nostri desideri, cioè le tante seti della nostra vita.

                È questo il ciclo incessante dei desideri umani: li soddisfacciamo, li superiamo e subito ne abbiamo altri da tornare a soddisfare e superare, tutto ciò non procura certo felicità, ma inquietudine, ansia.

Infatti, la sete persiste, si continua malgrado tutto a desiderare. Questo perché l’uomo è impastato di desiderio, che è la molla stessa della vita. In sostanza, “i nostri desideri ci definiscono: siamo più o meno ciò che desideriamo” (Augustin Guillard). Questa è una delle tante definizioni. C’è ne per esempio un’altra: sacro ciò che mangiamo, oppure un’altra ancora: sacro ciò che leggiamo, eccetera.

                E Gesù si trova proprio lì sulla bocca del nostro cuore, per toccare i nostri desideri, ma soprattutto, attraverso la sua richiesta, “Ho sete”, soddisfare il suo desiderio, riportare tutto alla purezza delle origini: il cielo, il deserto, le pietre, l’acqua nel profondo del pozzo, i legami che celebrano la bellezza del “Tu” e del “noi”.

                Se l’uomo desidera è perché siamo nati dal desiderio di Dio, ma in fondo al pozzo ci troviamo in presenza di un Dio che desidera che l’uomo abbia desiderio di Lui, o come ha scritto un padre della Chiesa, San Gregorio Nazianzeno: “ Dio ha sete che si abbia sete di Lui”. Ovvero ha sete del nostro amore, del nostro grazie, della nostra disponibilità alla sua Volontà, della nostra fedeltà alla sua Parola, del nostro desiderio di assomigliare a Lui. Ma Dio ha sete anche del nostro essere per gli altri, soprattutto per coloro che hanno tanta sete d’amore, d’ascolto, di stima e di consolazione e ai quali non è mai stato detto che Dio ha anche sete di loro.

                Scoprire la sete di Dio per l’uomo, di fatto è invito irresistibile ad avere sete di Lui. Così il pozzo si trasforma in luogo d’incontro, cornice ideale nella quale si scambiano promesse d’amore, nel quale s’incontrano volti che cambiano la vita o la segnano, giacché quello sguardo carico di desiderio che Gesù rivolge all’uomo non può che essere ricambiato.

 

L’incontro

 

                Solo l’incontro cambia la vita. trasforma i desideri, li riduce all’essenziale, li orienta verso una sola meta, raggiunta la quale non si avrà più sete.

In principio è dunque l’incontro con Chi ci parla come nessuno, con Chi ci dice tutto, con il Dio che ha sete che noi abbiamo sete di Lui, ha desiderio del nostro desiderio. L’incontro con Chi ci propone un orizzonte diverso, ci sottrae ai soliti gesti ripetitivi, che opacizzano l’inatteso della quotidianità e ci danno la sensazione di girare a vuoto, per consegnarci ad una speranza luminosa, perché presagisce qualcosa di meraviglioso altro.

                 E quest’altro, come è accaduto alla donna samaritana, è uno sguardo che fissa con occhi diversi, e tradisce una luce interna, un segreto affascinante. Un segreto gravido di buone notizie sul mondo, la vita, gli altri. Un segreto che ci rivela a noi stessi. E di noi rivela il meglio, quel meglio, la parte che non siamo abituati a vedere, presi come siamo dal vedere solo il peggio.

                Il pozzo luogo d’incontro, dicevamo all’inizio. L’incontro con uno sguardo, l’incontro con un volto. Ma non un volto qualunque, un Volto che fa tutt’uno con la sua Persona, con la sua Parola, con il suo Sentire. Un Volto credibile e sincero. Di fronte a questo Volto ogni resistenza cade e si apre uno spiraglio verso il cuore.

                Perché dinnanzi a quello sguardo, trovandosi di fronte a quel Volto, si strappa ogni maschera: vengono allo scoperto le ferite tenute nascoste sotto coltri di vana consolazione; vengono denunciate le cause vere dell’insoddisfazione e dell’inquietudine. Davanti a quel Volto la creatura viene messa a nudo, spogliata delle sue illusioni, scrostata delle apparenze, privata delle proprie false sicurezze.

                E piano piano il pozzo torna a riempirsi, ma questa volta di una sorgente d’acqua nuova, purificatrice, così: ciò che sembra urgente, lascia spazio all’importante; al posto delle nostre preoccupazioni, dalla periferia estrema del nostro sentire emerge la nostalgia di una realtà diversa; e poi si è costretti a rifare la scala dei valori. Ci sono priorità da recuperare e si opera un cambiamento radicale delle abitudini: si fa la scoperta dell’essenziale.

                 E se l’incontro con Gesù risulta tanto sconvolgente, “sovversivo” si potrebbe dire, allora faremo come la donna Samaritana e, dimenticando tutto ciò che ci preoccupava prima, raccontiamo liberi tutta la bellezza rigenerante e cangiante dell’esperienza del nostro incontro.

                In altre parole, il bere alla fonte della Parola e dei Sacramenti renderà il pozzo del nostro cuore così colmo dell’amore di Dio, da lasciarci trasformare in sorgenti per gli altri, per i loro bisogni, la loro sete di vero, di giusto di buono, di fraterno. Questo è l’impegno di ogni battezzato: diventare sorgente.

 

 

Conclusioni

                Le parole del salmo e il misticismo di una carmelitana, Santa Teresa d’Avila, ci possono aiutare a sintetizzare al meglio la complessa profondità di questa pagina di Vangelo. entrambi i testi infatti, con perfetta armonia tra parole e immagini ci fanno ascoltare, vedere e sentire quanto sia strutturale e profondo nell’uomo la sete di Dio, che è sete di Infinto, è sete di Eterno.

Nel Salmo infatti abbiamo letto: “Dio, Dio mio dall’alba io desidero te solo, di te l’anima mia (o gola) ha sete, la mia carne a te è protesa come terra arida, assetata, senz’acqua. Così nel Santuario vorrei contemplarti e vedere la tua potenza e la tua gloria. Perché il tuo amore è più dolce della vita”. Non è forse questa una splendida dichiarazione d’amore a Dio, senza il quale tutto inaridisce, perde di luce, calore, sapore, vita?

                Nel suo Cammino di perfezione Santa Teresa d’Avila scriveva: “La sete esprime il desiderio di una cosa, ma un desiderio talmente intenso che ne moriamo se ne restiamo privi”. E Santa Teresa ebbe tanta sete di Dio.

Serena Domenica

+Vincenzo Bertolone


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