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Vangelo di domenica 6 Febbraio PDF Stampa E-mail
Scritto da don.M.Campisi   
sabato, 05 febbraio 2011 20:10

ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5,13-16.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: " Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa.
Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. (segue commento di don Mario Campisi)

Lucerne, non miraggi
don Mario Campisi  
V Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/02/2011) Vangelo: Mt 5,13-16   

Don Campisi
don Mario Campisi
Il significato del brano evangelico di oggi è facilmente riconoscibile da una serie di contrapposizioni: "voi-terra", "voi-mondo", "voi-gli uomini". Il primo termine (voi) designa i discepoli di Gesù, diventati ormai discepoli del regno attraverso l'ascolto e la fede nella parola di Gesù. Abbiamo ascoltato nel vangelo di domenica scorsa la proclamazione della "Beatitudini" come legge costituzionale del regno di Dio. A tutti coloro che accettano questa legge costituzionale vengono rivolte queste parole di Gesù. Ma l'esistenza del discepolo si precisa se viene messa in relazione con la "terra", il "mondo", e gli "uomini".
Due sono le immagini del brano evangelico: quella del "sale" e quella della "luce"; esse indicano che segni d'amore e di salvezza sono le "opere buone"; il resto è vanità.
Solo quello che nasce e si realizza in un autentico amore è luce che illumina, calore che riscalda. Non si è "luce del mondo" perché messaggeri di una dottrina, missionari di un movimento religioso, ma perché il "Vangelo delle beatitudini" in noi diventa "lucerniere che fa luce a tutti quelli che sono nella casa" (v.15).
A questa missione cristiana si riferisce il profeta Isaia nella prima lettura. L'immagine del "sale" ci richiama all'osservanza di questi precetti per dar significato e sapore alla vita, senso alla storia e alle sue vicende. "Sale" che preserva dalla corruzione, che garantisce il "lievito" e il "fermento" di Cristo nel mondo, e custodisce e difende il suo Vangelo.
Chi crede deve vivere la luce, operare in "azioni di luce". Non gli è consentito offuscare in sottili compiacenze di indagini e di sapere l'annunzio evangelico, la catechesi, la teologia della fede, l'insegnamento della Chiesa, né perdersi in amori periferici, in frammenti di verità. Noi siamo servi e testimoni di una "fede fondata sulla potenza di Dio" (2^ lettura v. 5).
La parabola delle vergini stolte (Mt 25,1ss) ci avverte che dobbiamo possedere "olio nelle lampade" perché siano di guida a noi e agli altri e rendano possibile l'incontro con Gesù. Solo una "caritas veritatis" permette una "veritas caritatis". Quando non sia totale il nostro amore verso la verità, anche la carità verso il prossimo subisce deviazioni e falsificazioni. Per illuminare la nostra vita e la nostra attività vi è un unico amore: l'amore di Dio in sé e nelle sue creature, che ne sono "immagine" e "somiglianza". Ogni scarsa o parziale visione di Dio incide inevitabilmente sull'amore del prossimo. Vi sono elemosine, contributi, aiuti che non sono nell'ordine dell'amore; sono soltanto filantropia colorata di pietà, fraternità simulata e opportunistica. Ogni gesto d'amore deve costare qualche sacrificio. L'amore cristiano è luce che arde, brucia e consuma.
Nascono miraggi quando, invece di seguire la verità, ci si affida alle opinioni, alle mode del giorno, e quando alla potenza che viene da Dio si preferiscono i poteri di una cultura egemone.
La Chiesa, nella sua secolare storia, è stata non poche volte attraversata da "correnti" di pensiero e di azione involutive e in netto contrasto con l'insegnamento del Vangelo di Gesù.
Già Gesù stesso ci avverte in una delle sue parabole proprio di questo: la zizzania sarebbe stata seminata in mezzo al buon grano.
"Il sale, dice Gesù, non deve perdere il suo sapore" (Vangelo v. 13). Quando lo perdesse serve solo ad "essere buttato via e calpestato dagli uomini.
Vi è in queste parole la dolorosa storia di chi ha perduto il "sapore" della fede e della grazia e così vive una esistenza randagia e nel disamore. Il "sapore" è fedeltà alla divina rivelazione e alla tradizione viva della Chiesa, alla sua prassi sacramentale e alla disciplina pastorale. Occorre custodire, preservare il sale dalla corruzione. Non pochi "novatori" per profitto o per amore di pubblicità dimenticano che la vera "novità" è in Cristo e nel credo apostolico della fede. Non si può rivestire la santa, secolare Chiesa di Dio con le mode del momento; si finirebbe col renderla insipida.
Ma non si devono neppure moltiplicare le direttive in un proliferare di documenti, che rischiano di non venire recepiti e quindi non attuati. Anche il troppo "sale" può danneggiare. Bisogna lasciare spazio alla meditazione e non lasciarsi travolgere dall'inflazione che, invece di affermare la giusta dottrina, pregiudica la perenne "giovinezza di Cristo". Gesù dal "deserto", dalla preghiera sui "monti", ritornava ad insegnare.
S. Ireneo vedeva la vera novità nell'incontro personale con il Cristo: "Christus semper novitatem adfert, seipsum adferens".

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