Skip to content

Sibari

Narrow screen resolution Wide screen resolution Increase font size Decrease font size Default font size    Default color brown color green color red color blue color
Advertisement
Vi Trovate: Home arrow Letteratura arrow Spirito e Fede arrow Vangelo di domenica 23 Gennaio
Skip to content
Vangelo di domenica 23 Gennaio PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 22 gennaio 2011 09:41
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 4,12-23 - Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti; il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata. Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono. Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

III Domenica del Tempo Ordinario

23 Gennaio 2011

Sulla soglia della Luce, alla porta della Gioia

Introduzione

                In queste prime domeniche del Tempo Ordinario stiamo “accompagnando” Gesù nella sua vita pubblica e nella sua predicazione. Quella che respiriamo, dunque, è l’atmosfera dell’esordio e perciò carica di ansie, novità, aspettative, speranze, contrasti. Non si tratta di novità passeggere, né di aspettative vane, né di speranze infondate né, tanto meno, possiamo considerarle gioie effimere. L’atmosfera dell’INCIPIT è di ben altra portata rispetto  al consueto, al quotidiano perché ha in sé l’anelito di Infinito che ci fa sperare oltre ogni misura. Insomma, potremmo sentirci autorizzati a ILLUMINARCI D’IMMENSO.

                È l’atmosfera dell’annuncio e, al tempo stesso, compimento di una promessa. Così se domenica scorsa abbiamo raccolto il consolante annuncio della remissione dei peccati: (Gesù è l’Agnello di Dio, il Salvatore promesso da sempre che toglie il nostro peccato), oggi, III domenica del Tempo Ordinario, raccogliamo il grande annuncio della luce e della gioia: Gesù, venendo al mondo, ha aperto agli uomini immersi nelle tenebre del peccato “una grande luce”; venendo al mondo ha aperto agli uomini la porta di una grande gioia.

                Dunque, quelli che  abbiamo vissuto e vivremo in questo Tempo sono “inizi” all’insegna della luce e della gioia. Essi però non si presentano come un’assoluta novità, ma affondano la loro radice in un passato di profezie e promesse che si sono realizzate compiutamente nel Nazareno.

                Per questo tutto ciò che di bello si accompagna a questi inizi non può dirsi passeggero o finito, anzi è tutt’altro: eterno, incorruttibile, concreto. Infatti è impastato mirabilmente con la divinità e la piena umanità di Cristo.

La luce e la gioia di queste domeniche ci aiuta a riconoscere e comprendere il mistero di questa meravigliosa unione fra divino e umano e ci spiega, inoltre, quale grande novità porti nell’uomo. Tenere ben a mente tutto questo significa ripensare alla nostra esistenza terrena come ad un quotidiano rinascere alla letizia e alla pace, perché continuamente aperto allo Spirito del Risorto. Lasciamo, allora, che questa atmosfera ci contagi e ci pervada, e impegniamoci a conservarla sempre così.

Una luce abbagliante

                Gesù è la grande luce sorta sull’umanità: “Io sono la luce del mondo”. Ma che cosa significa luce? Il simbolo della luce, costante in tutte le religioni, parla di divinità: è da sempre presso Dio. Nella Genesi la luce è il primo elemento della creazione. Essa esplode come prima cosa creata (Gn 1,3-4), principio di vita stessa. In quel “Fiat lux” c’è tutta la meraviglia dell’esistenza che nasce dalla non-esistenza; la meraviglia che avrebbe tolto il respiro per la sua repentinità abbagliante luminosità.

                Nel prologo di Giovanni la luce è Cristo: vera luce che illumina ogni uomo. E come la prima creazione è segnata dall’irrompere della luce, così la seconda creazione irrompe con l’incarnazione del Figlio di Dio, la luce eterna che splende nelle tenebre del mondo.

Sintesi perfetta, a questo proposito, è quella dell’apostolo Paolo che trasmette il senso di meraviglia per la prima creazione della luce fisica collegandola all’esperienza della seconda creazione della luce spirituale: “Quel Dio che con la Parola fece brillare la luce nelle tenebre”, è quello stesso che brillò nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza dello splendore divino che brilla sul volto di Cristo” (2Cor 4,6).

Quindi la luce non si genera da sé, ma viene da Dio, entra nel mondo e illumina l’uomo per trasformarlo in uno splendore trascendente. È dunque la luce stessa un forte simbolo ambivalente: simultaneamente rappresenta la trascendenza e l’immanenza di Dio, viene dall’alto ma permea la vita quotidiana.

                Ma nella vita quotidiana la luce può entrare se l’uomo è consenziente, se l’accetta. Nella creazione le cose e, l’uomo vengono create dal nulla. Non è chiesto loro di accettare d’esistere. Per nascere e crescere sul piano della II creazione, quella del rapporto di figliolanza con Dio, si esige invece la nostra accoglienza, la nostra disponibilità, la nostra risposta. Dio non può comunicarci la sua vita divina, non può farci suoi figli se noi non vogliamo.

                Così la presenza della luce, che squarcia le tenebre delle tante Galilee sparse nel mondo, segnala da una parte l’iniziativa di Dio che rompe il suo isolamento e si rivolge all’uomo; e dall’altra parte l’adesione dell’uomo, che si lascia avvolgere e coinvolgere dalla luce di Dio divenendo creatura nuova secondo l’umanità di Cristo, umanità che è modello di vita gioiosa e felice. Siamo arrivati, così a scoprire la seconda parola di questa domenica: gioia.

La gioia in Cristo

                Cristo, non è solo luce: è anche gioia. Tutta la sua vita sin dall’inizio, e ancora prima, è un inno alla gioia. Il Battista, non ancora nato, sussulta di gioia nel ventre di Elisabetta (Lc 1,44); quando nasce fu annunciato come “la grande gioia del mondo” (Lc 2,10); ed è ancora la gioia a segnare i suoi discorsi della vigilia della morte: “Perché la mia gioia sia in voi”; “perché la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11; 16,24). La stessa parola del Vangelo risuona come gioiosa: essa, infatti, significa buona novella, cioè annuncio di letizia e di gioia.

                Quando allora Gesù dice “Io sono venuto a portare la vita” (Gv 10,10), nella parola vita è da intendersi gioia, e gioia piena, la vita stessa, la pienezza della vita.

Cristo è, la vera gioia per noi, perché venendoci incontro ci ha dato il modello della vera e piena umanità. Una umanità mossa dall’anelito di realizzare un’esistenza buona e veramente felice. Non a caso Giovanni XXIII diceva: “La gioia è espressione di una vita sana e tranquilla, abbellita e animata dalla grazia di Dio”, e una vita sana, tranquilla e animata dalla grazia di Dio è vita pienamente compiuta. 

                Dunque, la gioia è conseguenza stessa del nostro essere cristiani, è un effetto collaterale della vita con Dio. Un cristiano nella gioia è volto radioso che attesta una vita vissuta in presenza di Dio, aperta e docile all’azione dello Spirito Santo, del tutto orientata a seguire lo stile di vita inaugurato da Cristo.

                Se poggia su questi presupposti la gioia cristiana è vera gioia, la vita cristiana è vera vita. È gioia che fiorisce anche nella tribolazione, resiste nelle avversità e, ovunque passi, contagia. È vita piena di senso, con i rami fioriti nel mondo, ma le radici nel  Cielo. Il mondo, che ancora non crede, ci sfida proprio su questo terreno, sulla capacità cioè di saper essere nella gioia e di saper trionfare la vita. È  una sfida antica quanto la fede in Dio: “Hanno detto i vostri fratelli che si odiano: fateci vedere la vostra gioia” (Is 66,5).

Dunque, in questo momento difficile in cui il pessimismo smorza, attenua ogni speranza di felicità, per un cristiano è un dovere riconsiderare la pregnanza  della gioia. È un dovere dimostrare che essere nella gioia non è questione di sentimento, di umore o di stato d’animo, né è un illudersi, chiudendo gli occhi, che sofferenze, impegnative e malattie scompaiano come d’incanto. È, invece, dimostrare che una vita nella gioia fa parte del progetto di Dio, saldamente radicata nella sua parola, nella nostra speranza, nella sua promessa. Questo innesto genera nell’uomo una nuova visione del mondo e dell’aldilà, del presente e del futuro, della vita terrena ed eterna, e di conseguenza rende il credente fiducioso e gioioso.

                La nuova visione del mondo, però, chiede da parte nostra un’adesione totale alla chiamata di Dio, ovvero la disponibilità radicale a lasciarsi pensare da Dio in ogni momento della vita. proprio come hanno fatto i primi discepoli sulle rive del lago di Galilea, che dopo aver incontrato il Cristo hanno convertito la propria vita. Da quel momento tutto nella loro esistenza è diventato risposta fiduciosa e gioiosa al progetto di Dio su loro.

                Non servono molte parole per mostrare al mondo la bontà della vita cristiana, è la nostra gioia di vivere che parla per noi, che predica della nostra fede e dice del nostro amore per Cristo. (cfr. Lett. A Diognet).

Conclusione

                Chi incontra veramente Gesù, incontra la verità della propria esistenza: cioè l’annuncio di una presenza luminosa che apre alla grande speranza di un quotidiano sempre pieno di gioia: “ Se rinunci alla vita che oggi conduci, se perseveri nella preghiera, sentirai di colpo che la tua fatica è colma di riposo, scoprirai in queste tribolazioni e in queste pene, assai leggere, una gioia e una dolcezza immane…” (Pseudo –Macario).

                Se vorremo svelare il segreto del nostro essere cristiani basterà che sul volto di ciascuno si apra il sorriso luminoso e gioioso di chi ha veramente incontrato Cristo sulla propria strada.

Serena domenica.

+ Vincenzo Bertolone

< Precedente   Prossimo >