La politica dell'antistato |
Scritto da N. Urbinati | |
venerdì, 03 settembre 2010 16:37 | |
È arduo farsi un´idea precisa della portata della trasformazione politica prodotta dai governi Berlusconi. Ma è urgente cominciare a fare un rendiconto per poter agire con prudente speditezza e capire che cosa fare. Partiamo dalle accuse mosse dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, al premier nel momento del suo congedo burrascoso dal Pdl. La prima accusa è di trattare gli affari di stato come affari di partito e gli affari di partito come affari suoi; la seconda accusa è di far passare l´impunitá per garantismo. La logica patrimonialista viene denunciata da anni; ora è confermata dal suo piú autorevole testimone. Queste le componenti inanellate: lo Stato è il partito e il partito è l´azienda del premier; di qui nasce la politica dell´illegalitá, che non è dunque una semplice questione morale. Tutto si lega nella logica privatistica che è, questo è il punto, una logica dell´anti-Stato. Questo governo non lascerá solo macerie, dunque. Lascerá qualcosa di nuovo, forse il lascito piú tremendo e anche quello che occorrerá subito demolire, senza second thought. Il monito di qualche giorno fa del presidente della Repubblica a mettere in moto gli «anticorpi» interni alla nostra democrazia è un autorevole punto fermo dal quale partire. È urgente smontare il metodo di governo messo in piedi in questi anni, ovvero l´identificazione della decisione con l´emergenza, dell´informazione con la propaganda, della giustizia con la persecuzione, della legge con i lacci alla libertá, della pratica dell´illecito con la favola della «poche mele marce». A questo metodo corrisponde il teorema, sintetizzato dal presidente della Camera, della illegalitá sistemica, composta e ridimensionata ad arte come questione morale. Ma dietro il linguaggio bonario delle «poche mele marce» che il premier e i suoi Tg dispensano per noi popolo dell´ascolto passivo, si nasconde una vasta e organica trama di governo sotterraneo degli affari, delle amicizie, dei privilegi; una trama che ha la natura di una politica dell´anti-Stato, volta a cambiare il carattere del potere pubblico e delle relazioni tra Stato e cittadini.
Il nostro paese è forse l’ unico tra quelli democratici ad avere più di un governo senza saperlo. Almeno tre governi. Da quello che è uscito dalle urne due anni e mezzo fa ne sono nati per gemmazione altri due, quelli che di fatto dominano all’ ombra della legittimità elettoralee del controllo dell’ opinione. Vediamo di capire la natura di questi due governi i quali, per ragioni diverse, sfuggono al giudizio pubblico e sono in flagrante violazione della legge e delle regole democratiche. C’ è innanzi tutto un governo sotterraneo, quello invisibile degli affari illeciti, una catena di relazioni tra alcuni imprenditori, faccendieri, politici e uomini del crimine organizzato della quale noi cittadini intuiamo l’ esistenza e la gravità perché scampoli di racconti ci giungono dalla carta stampata e dalle intercettazioni (due strumenti di ricerca della verità prevedibilmente scomodi). Con una sistematicità di relazioni di corruttela consolidate in questi anni, pezzi del nostro territorio, della nostra ricchezza nazionale, dell’ economia, della società, delle istituzioni stanno per essere occupati e dominati da questo governo sotterraneo e privato della P3. Paradossalmente, questa articolazione di potere sporco e molto radicato pare essere l’ unico ‘ governo’ nazionale: non conosce né rivendica il federalismo, non fa discriminazione fra Norde Sud, edifica un ordine parallelo alla legge e al mercato “pulito” dovunque sia possibile, tiene insieme un’ alleanza di affamati di privilegio e denaro con la speranza dell’ impunità, tutti fattori che compongono una colla molto resistente, quasi più di quella del civismo che dovrebbe reggere le istituzioni, guidarei comportamenti dei pubblici ufficiali e ispirare le forze politiche. Lo Stato italiano sembra essere usato come un involucro per coprire un sistema di relazioni che ha i caratteri dell’ anti-Stato. Invece di essere la sede che consente il “governo pubblico in pubblico”, lo Stato è usato da queste forze occulte per creare un governo segreto di potentati privati. La tensione tra la magistratura e i giornali e la maggioranza politica è da leggersi come parte di una lotta durissima nel tentativo di soggiogare tutti i poteri istituzionali e di addomesticare l’ opinione pubblica. Un segno di questa competizione tra lo Stato della legge e il governo dell’ anti-Stato è rintracciabile proprio nell’ argomento garantista usato dai politici corrotti per cercare di restare al loro posto: “Non mi dimetto fino a quando non c’ è una sentenza del tribunale” è una dichiarazione che denota tra le altre cose un fatto gravissimo: la decadenza, il disprezzo quasi, della rappresentanza politica, la quale non si sorregge sulla prova provata dei tribunali, ma sulla fiducia che dovrebbe legare con vincolo libero eletti ed elettori. Perché, evidentemente, l’ accusa non ancora provata è comunque un macigno che si frappone fra i cittadini e i rappresentanti. E se l’ ombra di sospetto da sola non è sufficientea consigliare le dimissioni, ciò significa che la sfiducia, o il timore di perdere la fiducia dei propri elettori, non funziona più come deterrente; significa anzi cheè irrilevante quello che pensano i cittadini di chi li rappresenta, che la loro opinione non determina, non controlla, non influenza più chi opera nelle istituzioni. Significa infine che l’ elezione serve non a istituire la rappresentanza ma a creare commessi di affari e clientele. Questo è uno degli effetti più micidiali che il governo sotterraneo ha sulle istituzioni democratiche, le quali sono usate per coprire ciò che né la legge né i cittadini devono vedere, per fare l’ opposto di ciò che le istituzioni politiche devono fare. Entra a questo punto in gioco l’ altro attore del nascondimento. L’ altro dei due governi che operano nel nostro paese è quello fittizio dei media. Se il governo degli affari privatiè invisibile perché segreto, questo governo dell’ immaginario mediatico è una costruzione per il pubblico, pensata e messa in scena per un destinatario che deve essere e restare passivo, un’ audience priva di argomenti che servano a formulare giudizi valutativi; un pubblico che è anzi fabbricato dal sistema mediatico e da chi dovrebbe essere oggetto di monitoraggio affinché non veda, non si renda conto, non sappia che dietro all’ immagine propagandata o non c’ è nulla o c’ è ciò che non si deve vedere. Il governo creato dai media è astratto, irreale: uno spettacolo che va in onda tutti i giorni, alcune volte al giorno da diversi mesi e mette in scena la favola del fare e dell’ ottimismo, la rassicurazione che la corruzione lambisce solo pochi, e poi la storia delle cospirazioni ordite da poteri indiscreti come i giornali o eversivi come i magistrati. Questo governo dell’ immaginario mediatico non corrisponde a un governo esistente ma copre quello che il governo esistente fa, cosicché nessuno alla fine sa da chi é governato. Perché di questi due governi, uno segreto e uno immaginario - il primo tragicamente reale ma nascosto, il secondo visibile ma irreale - nessuno si basa sulla fiducia dei cittadini: il primo per l’ ovvia ragione che vive nel sottosuolo e nessuno dei suoi atti deve trapelare; il secondo perché è un’ invenzione commerciale fatta ad arte da chi governa con l’ esito che i cittadini non dispongono di una realtà di riferimento autonoma alla quale rivolgersi per cercare conferme o smentite a quello che si vede e si sente. L’ Italia ha due governi molto potenti, gestiti e organizzati in modo da evitare il giudizio, della legge e dell’ opinione pubblica. È questa segretezza che li rende a tutti gli effetti una negazione della democrazia, anche se sono il prodotto di una maggioranza che governa con il consenso elettorale. Il "partito-azienda" avrebbe, secondo Nadia Urbinati, "....costruito l' "uomo nuovo", ammirato da chi ha sempre sentito le istituzioni come impaccio alla libertà, invece che come canali di coordinamento delle azioni collettive per rendere la libertà individuale sicura perché non alternativa alla libertà altrui. In questa direzione si sarebbe operata una rottura radicale con lo Stato moderno. Così si è formato un nuovo Anti-Stato in Italia, in forma originale rispetto al quadro delle democrazie occidentali e ancora diverso da quello "classico" dei decenni precedenti ( compreso quello del "tintinnar di sciabole" e delle bombe nelle banche e nelle piazze; e ancora singolare, anche se forse frutto di una certa filiazione da quello ipotizzato nel famoso documento della P2). La sinistra ha contribuito, non semplicemente come pensa qualcuno non elaborando una legge sul conflitto di interessi (questa situazione è frutto di un insieme di fattori che vengono da molto più lontano), a formare questa degenerazione profonda dell'agire politico e del rapporto tra l'agire politico e la condizione materiale di vita della gente. C'è poco tempo: la crisi stringe i suoi cerchi e non è vero che l'ondata neoliberista è in crisi (anzi sta accentuando i suoi meccanismi di espulsione di milioni di persone dalla possibilità di esprimere una propria dignità civile: pensiamo a cosa accade nel mondo del lavoro), la sfiducia collettiva fa passi da gigante. |
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