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In memoria di José Saramago PDF Stampa E-mail
Scritto da F.Doni   
sabato, 19 giugno 2010 05:58

Saramago
Il premio Nobel J.Saramago
Ringraziamo l'amico Francesco Doni per averci segnalato l'articolo che vi proponiamo, si parla di José Saramago, premio Nobel per la letteratura scomparso l'altro ieri, uomo di spiccata individualità e ricco di un innato senso della giustizia. Dopo l'articolo di Flores troverete una recente nota proprio di Saramago sul nostro valente "conductor", Berlusca 1°. Buona lettura (A.C.)

José Saramago era il più grande scrittore vivente. Uno di quei rarissimi scrittori che quando incontri un suo libro – per te il primo – poi li leggi tutti, uno dopo l’altro, perché entri in un intero mondo che senza di lui non sarebbe mai esistito. Per questo era un classico già in vita. Prima di Saramago, mi era capitato solo con un altro scrittore, Bohumil Hrabal, e quando seppi della sua morte fu come fosse morta una persona che conoscevo, una persona cara. José Saramago ho invece avuto la fortuna di conoscerlo davvero, anche se troppo tardi, di vivere – mia moglie Anna ed io – con lui e con la sua Pilar una nuova amicizia, cosa che quando si va avanti con gli anni diventa cosa rarissima.

 

L’amicizia di un uomo straordinario per semplicità e profondità, che continuava ad avere una carica di passione civile anche nel declinare brutale delle forze. Lo avevo incontrato l’ultima volta qualche mese fa a Roma –quando era venuto a presentare il suo libro “Quaderno”, rifiutato da una casa editrice, Einaudi, ormai prona per non scontentare il ducetto, che nel libro veniva trattato come meritava, e pubblicato da Bollati Boringhieri – e nei pochi anni passati dal precedente incontro mi era sembrato cambiato moltissimo, dal punto di vista fisico, della sofferenza fisica, della stanchezza. Ma era assolutamente lo stesso per la generosità che lo animava, la voglia di continuare a combattere su ogni fronte che gli si offrisse. Questo era il suo amore per la vita, che in lui faceva tutt’uno con tutte le altre gioie della vita, e con il suo amore per Pilar che traspariva in ogni gesto.

Saramago poteva “vivere di rendita” anche civilmente, anche politicamente, essere un “monumento vivente”, che piace a tutti perché dice “grandi” cose (e magari giuste) sulla pace, sulla eguaglianza, sull’ecologia… Essere insomma politicamente innocuo e superfluo, come tanti personaggi famosi sulla scena mondiale, che non sono mai scomodi per i potenti con nome e cognome. Saramago invece era l’opposto, sapeva che ogni ingiustizia ha un nome, di persona o di istituzione, perché i peccati, da che mondo è mondo, sono sempre gli stessi, e non ha senso denunciarli se non si denuncia anche il peccatore.

Considerava Berlusconi un pericolo per la democrazia in Europa, un virus contro le libertà, capace di contagiare altri Paesi, per questo non si stancava di denunciarlo e di stigmatizzare la superficialità e la disattenzione con cui il suo regime sempre meno distante dal fascismo veniva trattato dai media europei. Quasi si trattasse di una pochade, anziché di una tragedia.

E considerava la Chiesa gerarchica di Ratzinger una nuova nube di oscurantismo. Proprio su questo giornale, aveva scritto che forse era venuto il momento di un “ateismo militante”, a cui come ateo “tranquillo” (l’ateismo come condizione ovvia di ogni spirito critico) non aveva in precedenza mai pensato. Lui, ateo, dalla parte degli ultimi, sempre, e perciò sempre più contro una Chiesa dedita a Mammona e a reprimere le libertà umane dalla nascita alla morte.
José mi mancherà moltissimo.

di Paolo Flores d’Arcais, il Fatto Quotidiano, 20 giugno 2010

 (Articolo segnalato da Francesco Doni)

 

Saramago: Fino a quando, Berlusconi, abuserai della nostra pazienza?

di José Saramago, da cuaderno.josesaramago.org, traduzione di Laura Franza

Duemila e cinquanta anni fa, giorno più giorno meno, in un’ora simile a questa, il buon Cicerone stava gridando la sua indignazione nel senato di Roma o nel Foro romano: “Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?”, e chiedeva una volta di più al vigliacco cospiratore che aveva voluto ucciderlo per impadronirsi di un potere al quale non aveva alcun diritto. La Storia è tanto prodiga, tanto generosa, che oltre a darci eccellenti lezioni sull’attualità di alcuni eventi d’altri tempi, ci lascia anche, per nostro uso, alcune parole, alcune frasi che, per una qualche ragione, hanno finito per gettare radici nella memoria dei popoli. La frase che ho citato prima, fresca, vibrante, come se fosse stata pronunciata un attimo fa, è senza dubbio tra quelle. Cicerone fu un grande oratore, un tribuno di enormi mezzi espressivi, però è interessante notare come in questo caso abbia preferito utilizzare termini tra i più comuni, che avrebbero potuto uscire dalla bocca di una madre che rimprovera il figlio irrequieto. Con l’enorme differenza che quel figlio di Roma, quel tale Catilina, era un mascalzone della peggior specie, sia come uomo che come politico.
La Storia d’Italia per qualcuno è sorprendente. E’ un lunghissimo rosario di geni, pittori, scultori o architetti, musicisti o filosofi, scrittori o poeti, miniatori o artisti, un numero senza fine di gente sublime che rappresenta quanto di meglio l’umanità ha pensato, immaginato, fatto. Non mancano certo i “Catilina” di caratura più o meno forte, però nessun paese ne è esente, è una lebbra che tocca a tutti. Il Catilina di oggi, in Italia, si chiama Berlusconi. Non ha bisogno di dare la scalata al potere, perché è già suo, ha abbastanza denaro per comprare tutti i complici di cui ha bisogno, compresi giudici, deputati e senatori. E’ riuscito nell’impresa di dividere il popolo italiano in due parti: quelli cui piacerebbe essere come lui e quelli che già lo sono. Adesso promuove l’approvazione di leggi discriminatorie in modo assoluto contro l’immigrazione illegale, si inventa pattuglie di cittadini per collaborare con la polizia nella repressione fisica dei migranti senza documenti e, colmo dei colmi, proibisce ai figli di padri immigrati di essere iscritti nei registri civili. Catilina, quello storico, non avrebbe fatto di meglio.
Dicevo prima che la Storia d’Italia per qualcuno è sorprendente. Per esempio, sorprende che nessuna voce italiana (almeno che io sappia) abbia ripreso, adattandole ma di poco, le parole di Cicerone: “Fino a quando, Berlusconi, abuserai della nostra pazienza?”.
Bisognerebbe provarci, magari si avrà qualche risultato e magari, per questo o per qualche altro motivo, l’Italia tornerà a sorprenderci.

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