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Vangelo di domenica 7 Marzo PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 06 marzo 2010 10:25
Piscina di Siloe
Gerusalemme:Piscina di Siloe
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 13,1-9
.  -  In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?  No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».   Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.   Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?  Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime  e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai».

III Domenica di Quaresima

7 marzo 2010

 

Ancora aspetto !

 

Introduzione

 

                A metà del percorso quaresimale ritorna con maggiore forza l’appello alla conversione. La Liturgia della Parola di questa III domenica di Quaresima, infatti, ci invita a riconoscere il primato di Dio per dare senso alla vita e alla storia.

                È Gesù stesso che ci richiama alla conversione, con una pagina di Vangelo, che sembra “una pagina di giornale di cronaca nera” in cui il “nero” però è surclassato dall’amore misericordioso di Dio.

                Non è affatto strano questo modus operandi di Gesù. In un primo momento Egli risponde alle provocazioni di cronisti improvvisati, spesso profeti di sventura e giudici implacabili, per arrivare al cuore di ogni uomo rimuovendo e fugando i dubbi che allontanano da Dio ed ostacolano il cammino di conversione. In un secondo momento ci presenta il volto misericordioso di Dio che apre il cuore alla speranza e poi alla certezza della salvezza.

                Conversione dell’uomo e misericordia  di Dio: questi gli elementi che possono realmente salvare il mondo. Queste, invero, sono le sole risposte a quanti ancora oggi si chiedono: dov’è Dio e dov’è l’uomo?

 

fico
Fico spoglio

La cronaca di ogni tempo

 

                Quella di oggi è Parola attuale: viene presentato a Dio il conto sconcertante del male, perché ce ne dia spiegazione.

Non importa se il male viene dall’uomo oppure dalla natura: ciò che interessa è comprendere “perché”: perché ne siamo in balia, perché incombe sulle nostre vite come una spada di Damocle, condizionandone il corso, ed infine, perché c’è il male  dov’è Dio ?

                 Non ci si chiede, dunque, il motivo del male in sé, quanto piuttosto il suo senso più recondito e profondo, la sua importanza nel cammino della vita e, soprattutto, ci si chiede quale sia il rapporto tra dolore,  male  e Dio.

                Ci aspetteremmo finalmente una risposta definitiva ed esauriente, ma Cristo glissa facendo intendere che il male è un mistero da trattare con umiltà e rispetto e quello che conta veramente è il modo e la dignità con cui lo si affronta, ovvero la preparazione che si fa giorno per giorno per evitare che esso ci possa sopraffare. Infatti,  se ci facciamo sopraffare dal dolore e dall’angoscia di fronte al male, non riusciremmo mai  a capire la valenza della sofferenza nella nostra vita.

                Dovremmo imparare, piuttosto, che di fronte al male, provocato dall’uomo o scatenato dalla natura, non si possono attribuire colpe né denunciare assenze, nel porsi domande quali “perché non interviene? Chissà quali gravi colpe sono state commesse perché questo avvenga”! In realtà tutto questo arrovellarsi è inutile e vuoto, e di certo non aiuta a migliorare la situazione, ad estirpare il male ed a sanare le sue conseguenze negative, anzi esso peggiora la situazione con il ridurre l’uomo all’immobilismo e all’annichilimento.

                Dio non si nega di fronte al male: Egli è presente là dove si soffre come Dio misericordioso nei confronti di vittime e carnefici: ai primi asciuga le lacrime; ai secondi sollecita il pentimento e l’inversione di rotta: la sua misericordia è rivolta non alla morte del peccatore, ma alla sua conversione nonostante le colpe commesse, le cadute e l’inutilità di tante azioni. La presunzione di potercela fare da soli: Dio aspetta che l’uomo ritorni a Lui, ne riconosca il primato.

Quale straordinario rapporto è mai questo? Noi sempre oscillanti tra bene e male eppure sempre così saldamente legati alla pazienza senza limiti di Dio! La Sua inesauribile pietà soccorre la nostra fragilità, la Sua inalterabile fedeltà supplisce alla nostra infedeltà. L’ago della bilancia pende decisamente a favore di Dio, davanti alla cui misericordia dovremmo sentirci continuamente debitori e spinti a rinnovare sempre un sincero desiderio di conversione, anche quando il dolore e l’angoscia per il male ci tengono lontani da Lui.

 

Cristo, la pazienza di Dio

 

                Convertirsi allora significa prima di tutto restituire a Dio il suo primato nella nostra vita, perché tutto quanto accade in essa di brutto e di bello, di buono o cattivo trovi nuovo senso e valore, ma soprattutto si accolga come dono che porta grandi frutti.

Ma restituire a Dio il suo primato senza operare una conversione di cuore, un cambiamento profondo nel modo di pensare e di vivere, non ha senso. Per essere perfetta la conversione il riconoscimento del primato di Dio deve completarsi nella sua prassi, deve cioè tradursi in una vita che sia in sintonia con questo primato.

                E se noi siamo impazienti perché spesso questa conversione totale tarda a venire, dall’altra parte ad attenderci è la pazienza di Dio. Essa ha un volto e una voce: Cristo, che per la salvezza dell’uomo si è donato come Dio e come uomo, e che ancora continua a chiedere al Padre più tempo per il misero peccatore.

                Cristo, radicalità dell’amore, è dunque la risposta tanto desiderata dall’uomo alla radicalità del male.

                Di fronte alla giusta impazienza di Dio per noi, ridotti ad essere degli alberi sterili, che non portano ormai da tanto tempo nessun frutto, Egli chiede di aspettare, ovvero implora la misericordia del Padre verso di noi, creature misere. Lo fa senza fissare un termine preciso, come se le nostre colpe di ieri si infrangessero contro le speranze di un domani che è sempre imprevisto. Egli in definitiva dà spazio e tempo all’uomo per ravvedersi e redimersi.

                Cristo è il grande intermediario tra Dio,  la vita di ciascuno e la storia dell’uomo. Tra la giustizia divina e la nostra debolezza imperfetta ci sarà sempre l’intercessione paziente e affettuosa di Cristo che conosce bene il cuore dell’uomo e la sua instabilità. Egli è il volto misericordioso del Padre, il contadino premuroso che con amore farà rinascere la pianta sterile; il Dio buono e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore, che il cuore di ogni uomo conosce bene.

Certamente un’ immagine così confortante di Dio non può che spingerci al cambiamento radicale.

 

Conclusioni

 

                E su questa immagine del Cristo paziente che fa conoscere all’uomo il volto misericordioso di Dio desidererei concludere queste brevi riflessioni, facendo, anche, mia e vostra l’invocazione che Sant’Agostino ha posto all’inizio delle sue, Le Confessioni:

“Che io ti cerchi, Signore, invocandoti e ti invochi credendoti, perché il tuo annunzio ci è giunto. Ma chi mi farà riposare in te, chi ti farà venire nel mio cuore a inebriarlo? Allora dimenticherei i miei mali e il mio unico bene abbraccerei: te.

Cosa sei per me?...Oh, dimmi per la tua misericordia, Signore Dio mio, cosa sei per me. Dì tu alla mia anima: la salvezza tua io sono! Dillo, che io lo oda. Ecco, le orecchie del mio cuore stanno davanti alla tua bocca, Signore. Aprile, e dì all’anima mia: la salvezza tua io sono. Rincorrendo questa voce, io ti raggiungerò, e tu non celarmi il tuo volto”.

                In questo tempo di Quaresima accogliamo nella conversione del cuore il dono della misericordia di Dio attraverso la conoscenza e l’incontro con il Cristo paziente, affinché anche noi come Agostino possiamo sentire quella voce che ci ripete incessantemente: la salvezza tua io sono. E con Cristo dentro di noi, al nostro fianco, e di Lui nutriti non saremo più alberi sterili ma capaci di produrre molti frutti.

Serena domenica

+Vincenzo Bertolone

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