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Vangelo di domenica 21 Febbraio PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 20 febbraio 2010 08:38
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 4,1-13. Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.  Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo». Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: «Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai». Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù;  sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano; e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra».  Gesù gli rispose: «E' stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo». Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.

I domenica di Quaresima

21 febbraio 2010

Nel deserto per ritrovarsi con Dio

Introduzione

                Da oggi, prima domenica di Quaresima, entriamo nel deserto: quaranta giorni di preparazione alla Pasqua. Quaranta giorni in cui, come Gesù, ogni anno facciamo il punto della situazione, guardiamo al fondo del cuore e della vita cercando di capire se la direzione che ci siamo dati porta a Dio.

                La pagina del  vangelo di Luca  ci racconta  del periodo passato  da Gesù nel deserto, quando fu tentato dal diavolo e si  preparava alla  Passione, morte e resurrezione: evento sconvolgente per Lui, ma realtà di salvezza per noi. Ma, a ben guardare, il numero quaranta accompagna gli eventi più significativi della vita e della storia del popolo d’Israele e dei suoi patriarchi e profeti. Mosè, ad esempio, passò quaranta giorni sul monte Sinai per prepararsi a ricevere le tavole della Legge; e ancora quaranta furono i giorni trascorsi dal profeta Elia sul monte Carmelo per prepararsi alla missione profetica. Come non ricordare anche i quaranta anni trascorsi nel deserto del Sinai dal popolo d’Israele durante l’itinerario di liberazione dalla schiavitù in Egitto alla Terra Promessa, dalla dipendenza servile al faraone al servizio filiale a Dio nell’Alleanza? Dunque, quaranta giorni, quaranta anni per prepararsi a qualcosa di grande, per camminare verso Qualcuno che cambia la vita e la storia.

                Oggi, come allora, per Gesù e per noi ci sono quaranta giorni per prepararci ad accogliere e vivere il mistero centrale della nostra fede: la Pasqua. Infatti, la morte e resurrezione di Cristo sono il contenuto della nostra fede: la nostra “Legge”, la nostra “profezia”, la nostra “Terra Promessa”. Perciò questo tempo forte di preghiera, di meditazione, di silenzio, di digiuno e di conversione è tempo privilegiato per preparare tutta la Chiesa e ciascuno di noi all’incontro con il Cristo morto e risorto.

Quindi, il senso profondo di questi quaranta giorni, la nostra Quaresima, è appunto quello di un cammino di preparazione all’incontro personale con il mistero di Gesù. Questo cammino di preparazione per essere efficace esige che avvenga nella solitudine irreale del deserto, dove nel silenzio si sente appena la voce di Dio perché sovrastata dalle voci di tante tentazioni. Ciò nonostante, proprio perché provati al fuoco delle lusinghe e degli inganni, riusciremo, infine, ad essere pronti a scegliere e abbracciare la croce di Cristo, degni della Sua resurrezione.

 

Il deserto

 

                La prima parola che incontriamo nel racconto di questi quaranta giorni è “deserto”, che è «ben di più che una espressione geografica … Per chi si lascia cogliere dallo spirito che anima la Parola di Dio, “deserto” è, la ricerca di Dio nel silenzio, è un “ponte supremo” gettato dall’anima innamorata di Dio sull’abisso tenebroso del proprio spirito, sugli strani e profondi crepacci delle tentazioni, sui precipizi inesorabili delle paure che fanno da ostacolo al cammino verso Dio» (C. Carretto).

Dunque, “deserto” non deve incutere paura, piuttosto serviamoci di questa  parola per raggiungere, per sperimentare attraverso privazioni e prove, il bisogno essenziale di Dio. Sarà parola amata e ricercata perché è nel deserto che si può sperimentare la vicinanza di Dio, la Sua familiarità.

                Guardando, infatti, se guardiamo all’esperienza di Gesù, ci rendiamo conto che nonostante la prova, nella solitudine fisica e geografica del deserto, Egli ha cercato soltanto la compagnia del Padre vivendo del Suo Spirito. Solo vivendo nella vicinanza più intima del Padre, Gesù ha potuto prepararsi alla Pasqua di passione, morte e resurrezione. Il deserto per Gesù è stato il grande banco di prova;  per l’uomo l’apertura di una nuova via, di un “nuovo” passaggio: la liberazione dalla schiavitù del peccato originale e del peccato personale, per approdare oltre l’oceano cupo del male, sulla spiaggia della terra del Padre, nella nuova Alleanza stipulata nel sangue, nella morte e nella resurrezione di Cristo.

                Grazie al deserto, ci ritroviamo con Gesù come pellegrini, diretti verso la vera patria, la nostra terra promessa: l’eterno abbraccio di Dio. Solo in Lui, infatti, ritroveremo il privilegio e  la libertà di figli amati e prediletti dal Padre.

Quaranta giorni nel deserto, quindi, per decidere se seguire con cuore libero il programma delle Beatitudini, riscoprendo come essenziale alla vita il Vangelo, oppure rifiutare diventando schiavi delle cose e aridi nel cuore. Quaranta giorni nel deserto per rafforzare la propria volontà di appartenere a Cristo, alla vita, alla luce, resistendo alle tentazioni che spingono verso la morte e le tenebre.

 

La tentazione

 

                E veniamo alla seconda parola del racconto evangelico: “tentazione”. Essa decisamente sa di Quaresima e che pronunciamo nel Padre nostro: …e non ci indurre in tentazione. Tutti i giorni siamo tentati da persone e cose.

                Una tentazione quella presentata da Luca in tre parti, ma sostanzialmente una: dal distogliere Gesù dal disegno del Padre, insinuando in Lui il dubbio sulla sua bontà, minando la Sua fiducia nella santità di quel disegno, e mettendo in discussione persino l’amore del Padre per Lui. Una tentazione, che insinua insidie  nel cuore di Cristo per distrarlo dal cammino nella luce del Padre. Se crediamo che queste tentazioni appartengano solo al racconto evangelico ci inganniamo: le stesse tentazioni ci coinvolgono e ci interessano, oggi, anzi esse riassumono proprio i grandi inganni della vita, attacchi violenti contro la certezza della nostra fede.

                Così la prima tentazione è quella di sostituire Dio, con le cose: “Dì che queste pietre diventino pane, questa è la vita, non c’è altro!”. La tentazione del pinnacolo al tempio, la seconda, indebolisce la fede facendone l’imitazione: “Chiedi a Dio un miracolo”. Ciò che sembra essere veramente fede è solo una caricatura  in quanto non esprime fiducia in Dio, piuttosto ricerca il proprio vantaggio, non manifesta amore per Dio, ma per sé. Terza tentazione: il potere: “Scegli me come tuo dio e avrai tutto il potere del mondo. Abbandona quel tuo Dio che sceglie i poveri quali princìpi del suo Regno, che ha fatto grande un “servo”, amico di pubblicani, di prostitute e peccatori. Dimenticalo, Egli  non ama i palazzi, ma le strade; è debole, eppure pretende di conquistarti, ma come? Con una croce? Che follia!”. Questo è il succo dei pochi versetti.

                Così le tentazioni mettono alla prova la nostra fede, attaccandola al cuore che è la fiducia nello stesso Dio annunciato da Gesù e per amore del quale Gesù ha scelto di incarnarsi e morire. Allora respingere le tentazioni significa fare una scelta di vita. Preferendo Dio vuol dire sottrarsi all’inganno di credere che tutta la vita, tutto il futuro sia già presente in un po’ di pane, un po’ di  potere, un po’ di successo, ed essere invece più affamati di cielo e di pace, di giustizia e di bellezza, di servire la vita avendo la sola forza necessaria per fare il primo passo, essendo forti della forza dei bambini, tutta riposta fra le braccia di un Padre amorevole.

E, infine, scegliere la vita vuol dire anche saper affrontare, come Gesù, le tentazioni a viso aperto senza fuggirle, ma combatterle rilanciando sempre concetti e atti più alti, che in questi quaranta giorni sono  la preghiera, il digiuno e la carità.

La preghiera ci mette in contatto con Dio per sentir-Lo vicino, familiare, in ogni momento della giornata. Senza di Lui, del resto, il fascino delle tentazioni si fa più irresistibile. Il digiuno è il banco di prova della nostra volontà. Infatti, imparare a rinunciare a qualcosa significa riprendere il dominio sulla volontà rendendosi veramente liberi di scegliere e di essere anche fedeli. E per concludere, la carità, che ci fa superare la tentazione dell’egoismo e del desiderio di prevaricare, perché ci spinge a guardare oltre il nostro “orticello”, al bisogno del nostro vicino, del nostro fratello assumendocene la responsabilità.

               

Conclusione

 

                Guardiamo allora a questo tempo di Quaresima come ad un tempo di grazia, occasione privilegiata per ritrovare noi stessi quali pellegrini di ritorno alla casa del Padre, sapendo che senza la guida di Cristo rischiamo di perdere l’orientamento.

                Quanto sia difficile ai nostri giorni ritrovare il giusto orientamento, sanno bene i tanti uomini e le tante donne, che, nonostante vivano, o abbiano vissuto nel caos dei nostri tempi, hanno cercato di crearsi il deserto necessario per godere sempre della familiarità di Dio, e, soprattutto, orientarsi rettamente nella vita. Questa esperienza è stata fatta da un grande, piccolo uomo, Carlo Carretto, con le cui parole intendo sintetizzare e concludere la riflessione si questo inizio quaresimale: “ Noi viviamo in un secolo tragico in cui gli uomini, anche i più forti, sono tentati nella fede. È un’epoca di idolatria, di angosce, di paura; un’epoca in cui la potenza e la ricchezza hanno oscurato nello spirito dell’uomo la richiesta fondamentale del primo comandamento della Legge: Amerai Dio con tutto il cuore…”. Come fare a vincere queste tenebre che opprimono l’uomo moderno? Come affrontare questo demone del mezzogiorno che attacca il credente nella maturità della sua esistenza? Non dubito nel dare una risposta che ho provato sulla mia pelle in un momento difficile della mia vita: deserto…deserto…deserto! Quando pronuncio questa parola sento dentro di me che tutto il mio essere si scuote e si mette in cammino, anche restando immobile là dove si trova. È la presa di coscienza che è Dio che salva, che senza di Lui sono nell’ombra della morte, e che per uscire dalle tenebre devo mettermi nel cammino che Lui stesso mi indicherà!”. Una lunga citazione, lo so, ma che vi porterà a fare un buon deserto! Cosa dirvi di più, se non augurarvi un buon deserto, un buon cammino quaresimale.

Serena Domenica

+p.V.Bertolone

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