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Preghiera dell'emigrante PDF Stampa E-mail
Scritto da M.Miani   
mercoledì, 17 febbraio 2010 07:22

Emigranti
Emigranti alla Stazione
Una poesia, una preghiera che coloro i quali si allontanano dal proprio paese, rivolgono al signore ogni giorno, specialmente quando più forte si sente la mancanza del paese d'origine e si avverte la diffidenza di chi ti sta attorno, che troppo preso da altri suoi problemi, fa finta di non vedere il diverso che arranca ogni giorno soffrendo la solitudine, la diffidenza, la nostalgia per i luoghi abbandonati ove ogni muro è un ricordo, ogni volto è un conoscente che ti saluta e ti stringe la mano con un sorriso. In coda inseriamo anche un'altra bella poesia dal titolo "Ho sognato".

Preghiera del migrante

Da quando partii o signore

sono andato disperso

per tutti i lidi, quelli più lontani

dal mio paese natio.

Ho mangiato il pane del forestiero

ovunque sono stato.

Desolato, ho vissuto,

dove tu hai voluto trarmi.

Ho sofferto la solitudine,

l’oblio delle genti che visitavo,

ho conosciuto il dolore,

la sofferenza, le pene dell’inferno,

una nostalgia che mi bacava il cuore.

Ho lavorato, i miei piedi sanguinavano

I miei lombi seccavano flaccidi.

Perché tutto questo?

Non poteva avere il mio corpo

calma la sera, quiete la notte

quando per tutti si alzavano nel cielo le stelle

e la pallida luna faceva sognare?

Fammi ritornare all’ovile

Ove vigile è il cane guardiano

dei capri vi dormono tranquilli.

Fammi ritornare fra le case ormai rose

dal vento del nord, dall’acqua gelida d'inverno.

Signore fa che il mio corpo, ormai stanco, cadente

non più retto dalle forze dei piedi,

Non si posi, ove nessuno è nato o abita

nel mio amaro lontano paese.

 

 

 

Ho sognato

 

 

Ho sognato.

Camminavo nudo

Per un paese

Bianco, macchiato

di sfumature nere,

case vicine, trasparenti,

dove tutti si conoscevano.

 

Tutti parlavano a tutti.

 

Camminavo leggero,

non toccavo il suolo.

V’erano stormi di ragazzi,

che non andavano al mare,

ma si bagnavano

in piccole conche d’acqua,

pozze accerchiate

da sabbia bianca.

L’acqua incolore

non rifletteva il cielo.

Ed io camminavo,

trascinato, sospinto,

andavo verso sentieri

nuovi, ma sconosciuti,

dove prima v’era l’erba,

fiori, alberi, prato,

dove tutto era bianco trasparente.

Camminavo con l’anima,

cercando una casa che non vedevo,

spinto dal desiderio

di incontrare te

giovane,  bella,

amante.

Al suo posto non esisteva che ombra.

Vuoto, bianco argenteo.

 

Camminavo sospinto.

Il pensiero di conoscere

quello che è amore.

 

Camminavo per quel paese

dove tutti parlavano a tutti.

 

Tutti parlavano solo d’amore.

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