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Vangelo di Domenica 17 gennaio PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 16 gennaio 2010 07:15

ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 2,1-11.
Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.  Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». E Gesù rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». La madre dice ai servi: «Fate quello che vi dirà». Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù disse loro: «Riempite d'acqua le giare»; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo: «Ora attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono».
Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

(segue commento di mons. Bertolone)

II Domenica del Tempo Ordinario

17 Gennaio 2010

Giare sovrabbondanti d’amore

Introduzione

                Da poco tempo abbiamo concluso le celebrazioni del Natale e accolto l’entrata del nuovo anno. Per tutti è anche ricominciato lo stancante tran tran della vita quotidiana; e per la Chiesa è ritornato il tempo ordinario, contrassegnato dal colore verde della ferialità.

Così presentato il ritorno alla “ferialità” sembra quasi triste, perché si ha la percezione che ad attenderci “da domani” vi sia la solita e monotona routine.

Inoltre, sembra proprio che l’invito alla gioia e alla speranza delle settimane scorse sia stato riposto ordinatamente nelle scatole degli addobbi in attesa del prossimo Natale.

                Eppure non è proprio così. Da domenica scorsa, con la celebrazione del Battesimo di Gesù, è stata rilanciata, con maggiore vigore, la nostra vita sotto il segno della fede incrollabile nella Presenza costante di una Forza che è sostegno nei momenti difficili e condivisione della gioia nei momenti più belli.

Ne consegue che in questa domenica, la II del Tempo Ordinario, si continui a respirare aria di festa, di speranza, di gioia e stupore. Infatti, la pagina del Vangelo di Giovanni, propostaci dalla Liturgia di oggi, ci dice che: da quando abbiamo accolto Gesù nella nostra vita, abbiamo reso il nostro quotidiano una festa continua. Un banchetto di nozze che celebra tutta la bellezza dell’amore sponsale di Dio per noi: amore gioioso, fedele, gratuito, generatore di vita.

                Tuttavia ciò è possibile solo se non ci dimentichiamo di invitare l’ “Ospite” d’onore, lo Sposo: Cristo, la cui Presenza rende tutto possibile.

Infatti, tutto può l’amore di Dio, giacché in ogni sua espressione, da quella generosamente materna di Maria a quella misericordiosa e oblativa del Figlio, tutto concorre alla realizzazione di un solo progetto: la gioia piena dell’uomo.

La gioia, di fatto, è il dono di nozze dello Sposo, (Dio), alla sposa, (l’umanità), e non solo come pura intenzione, ma certezza che supererà le barriere del tempo, durando in eterno.

 

Uno Sposo fedele

 

                Il Vangelo di oggi è un invito nuziale. E, sebbene siano sconosciuti i nomi degli sposi, la loro è una festa per cui vale la pena di gioire al di là di ogni misura, giacché a quelle nozze non siamo solo semplici invitati, ma ospiti d’onore accanto allo Sposo. Dietro il “matrimonio” di quella anonima coppia di giovani innamorati, Giovanni allude ad un’altra realtà sponsale, per cui le nozze celebrate a Cana sono segno delle nozze fra Dio e l’umanità. In altri termini, ricorrendo ad una immagine già tanto cara alla tradizione vetero-testamentaria, l’Evangelista vuole celebrare il patto nuziale, la nuova alleanza sponsale di Dio, nella persona di Cristo, vero Sposo, con il nuovo popolo dell’alleanza: la Chiesa, cioè tutti noi.

                Ogni elemento presente nel racconto, dunque, rimanda ad altro, a realtà più profonde che ci svelano la verità su Cristo e la sua missione, sui molteplici volti dell’amore del Padre, sul ruolo tenace e tenero della Madre di Dio, e infine su noi stessi.

Innanzitutto, quando scrive che in Cana di Galilea Gesù “diede inizio ai suoi segni” e “lì manifestò la sua gloria” (v 11), l’Evangelista ci fa incontrare la Persona del nuovo Messia che, proprio da qui, da Cana, dà inizio, alla sua missione: rivelare definitivamente l’amore del Padre per ogni uomo. E questa meravigliosa relazione d’amore, a partire proprio da Cana, si rafforza e consolida in un sodalizio indissolubile: infatti pubblicamente Gesù celebra nelle nozze di Cana le sue nozze con l’umanità, inaugura cioè una Alleanza nuova con l’uomo, che non passa più attraverso l’osservanza della legge (il segno dell’acqua), ma penetrando nell’anima, come bevanda dolce e inebriante, rinvigorisce e vivifica il cuore (il segno del vino).

                Ma lo Sposo non è solo, il quadro del banchetto si completa con la presenza della sposa, che è la Chiesa, raccolta qui a Cana nella fede di Maria, la Madre di Gesù, e dei discepoli.

Maria, in particolare, in questo sodalizio ha un ruolo centrale. Infatti, proprio Lei, la “donna”, ovvero la Madre e la Sposa dell’umanità stessa, incoraggia il Figlio a rompere gli indugi e a dare inizio alla sua missione.

Così da questo momento in poi riconosciamo per conferma anche dello stesso Gesù, in Maria, che per la felicità dei suoi figli non si arrende mai. Per questo con Lei ogni credente sa che è possibile ripartire, purché si segua il suo consiglio: “Fate quello che vi dirà”. Sono queste le sue ultime parole nel Vangelo. Le prime e le ultime rivolte a noi uomini, prezioso testamento di felicità: “Fate le Sue Parole, fate il Suo Vangelo. Non solo ascoltatelo o annunciatelo, ma amatelo e fatelo. Rendetelo vivo, vero e giusto. Incarnatelo. E si riempiranno le anfore vuote della vostra vita di ogni grazia”.

                Ed ecco che attraverso il volto di Maria si rivela il nuovo aspetto gratuito del volto del Padre: di un Dio che ha a cuore la felicità degli uomini più ancora della loro fedeltà. Nulla hanno fatto gli sposi per meritare il segno prodigioso, ma Dio è intervenuto, e, non influenzato dai meriti restituisce serenità e allegria. Il solo “merito” che Lo ha mosso è stato forse la mancanza di vino, ovvero il riconoscersi mancanti e bisognosi di un qualcosa che solo l’amore di Dio può veramente colmare donandolo.

                Possiamo dire, proprio a questo proposito che le nozze di Cana, in un certo senso, sono figura della vicende perenne dell’umanità. Esse raccontano la relazione tra Dio e ogni uomo come una dedizione sponsale, amorosa e reciproca, esclusiva e gelosa, per sempre. Un “sempre” che è tuttavia minacciato continuamente da un senso di latente insoddisfazione che, spesso, sbagliando, attinge altrove il suo appagamento. E quando ciò accade inevitabilmente si rischia di esaurire anche le scorte di energia rimaste; e così la passione e l’amore si affievoliscono, perché viene meno la fedeltà. Ma c’è lo Sposo che resta fedele e la Madre dello Sposo che intercede insistentemente per noi. La fede riposta in questa certezza ci impone di gioire e fare festa, perché noi non saremo più uomini “dimenticati” o “abbandonati”, ma dal momento in cui lo Sposo ci ha condotto nella sua casa, siamo : “gloria e gioia di Dio per l’eternità”.

 

La gioia della sposa

 

                Quanti motivi abbiamo ancora per non essere uomini di gioia e di speranza? Io credo nessuno, purché se viviamo secondo lo Spirito che anima questa pagina di Vangelo con la profonda convinzione che il “vino” dell’amore di Dio non mancherà mai sulla nostra tavola, anzi sovrabbonderà. Dopo aver bevuto allo stesso “calice” dello Sposo, non possiamo più scegliere l’acqua, ma dobbiamo continuare a nutrirci dell’ebbrezza di uno Spirito che dà forza e vitalità.

In altri termini, non accontentiamoci di una vita insipida, rassegnata e banale, ma ricerchiamo la gioia vera del vivere, quella che suggeriscono la fede e la ragione del cuore, ovvero la consapevolezza che il Dio in cui crediamo ama con amore gratuito, ama con infinita tenerezza, ama con gioia sovrabbondante.

Per questo, accogliendo Dio e il suo amore nella nostra vita, tutto diventerà una festa, giacché il cuore saprà aprirsi allo stupore e alla meraviglia in ogni istante della vita, per quanto piatta e noiosa possa sembrarci.

                Ma ci sono due condizioni semplici ed essenziali da accettare: donare e “fare il Vangelo”. In altri termini a Cana Gesù chiede di riempire le giare di acqua, e noi,  invece, che cosa siamo disposti a mettere nelle nostre giare perché Cristo possa operare la “conversione”? A Cana i servi non comprendono ma obbediscono, e noi, invece, malgrado la fatica di credere, siamo disposti a donare tempo, intelligenza, disponibilità per conservarci fedeli e pronti all’incontro quotidiano con lo Sposo?

E anche quando avremo messo in gioco ogni energia, riusciremo a fare tutto ciò che lo Sposo ci chiederà? Sì, perché non basta donare per dirsi innamorati di Cristo, ma bisogna avere anche il coraggio di seguir-Lo, come una sposa segue il proprio sposo. Non solo, ma per essere veri discepoli, occorre anche coltivare l’ardente desiderio di fare sempre e ovunque la Sua volontà. Da ciò che si “fanno” per amore reciprocamente gli sposi, si misura la profondità della loro unione.

 

Conclusione

 

                Apriamo dunque questo tempo di ferialità nello steso clima di festa che ci ha avvolti nei giorni passati; senza cedere alla tentazione, triste e angosciosa, di credere che “Il dì di festa” sia finito. Viviamo invece nella gioiosa attesa che ogni giorno, il presente e il nuovo, è vigilia di festa, perché qualcosa di bello è accaduto e sempre accade nella nostra vita: lo Sposo che ci ha invitato “a nozze”, ci ha accolti come una sposa e da allora per noi è diventato amico, confidente, presenza costante nella “buona” e “cattiva” sorte; per sempre fedele, e ci fa tanto sentire amati  da non sopportare più una vita senza di Lui.  

Serena Domenica

+V.Bertolone               

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