Canzone di Natale |
Scritto da M.Miani | |
lunedì, 21 dicembre 2009 11:39 | |
Così come dolorose sono tutte le tragedie che accadono nei nostri ospedali, ove troppo spesso la cosiddetta “mala sala” lascia una scia di morti che con un po’ di maggior accortezza e viepiù una spesa in attrezzature e personale si potrebbero evitare. Sono gravissime e lunghissime le liste delle cronache di tante morte bianche che ci fanno detenere un triste primato nel mondo del lavoro, ove pare che regni la massima insicurezza. Non prolunghiamo le note cattive che ci tormentano specialmente nella nostra Calabria. Verrà l’anno nuovo con tutti gli auguri ed i buoni auspici che ognuno si fa e chiede. Speriamo, come sempre che sia diverso, sia più mite, che ci scansi da disastri, da guai famigliari, nazionali e mondiali; nella realtà i giorni scorreranno come i tanti passati nello scorso anno come nei 2009 trascorsi dopo, Cristo, imperturbabili come sempre così come sono segnati dal destino, immutabili, anche se noi cerchiamo di esorcizzarli, con la speranza a che possano variare seguire una strada diversa consona alle nostre aspettativa. I Giorni, saranno più belli, se a sera vi sarà quel rosso che ci fa sperare, purtroppo i popoli, con la compiacenza quasi folle annullano il rosso foriero di buon tempo e lasciano al giorno, anno susseguente cieli neri che non fanno sperare. Io voglio essere caparbio e testone da buon calabrese, voglio continuare a sperare che il mondo cambi e che nel tempo forse i nostri figli, nipoti o pronipoti possano vedere i cambiamenti che tutti ci auguriamo oggi. D’altronde dall’anno zero ad oggi sono cambiate tante cose, perché disperare e non lasciarci, magari ultima, la speranza. Quindi AUGURI a chi vuole, come me, credere ed affidarsi alla speranza.
Canzone di Natale
Era, al timpone in vico I Ginnasio 25, la casa della nonna. Uno stanzone grande, vasto per contenere i mobile vecchi. Tre cassoni, due tavoli, uno scanno ruvido intagliato a mano dal tronco di un grande albero, un comò,una toilette, sopra questa uno specchio ai bordi il grigio del tempo, attorno alla cornice qualche figura di santo, due o tre foto a ricordo di parenti estinti, defunti. Un letto, su supporti di ferro, alto, largo, fatto di foglie ingiallite, croccanti tratte d’estate dalle pannocchie del granturco dei campi racchiuse in un telo rigato steso su tavole di legno, sotto il letto accumulata la legna da ardere sotto il tegame, da bruciare nelle sere d’inverno per riscaldare le gelide mani. Una decina di sedie impagliate sostavano in fila lungo i cassoni. V’erano al muro due quadri: su una stampa una madonna guardava tenera un bambino; una foto colore carbone ingrandita del nonno defunto da tempo, con baffi, capelli a riga, ondulati, gli occhi severi guardavano burberi. In un angolo nero enorme il focolare ai lati pendevano pentole, tegami, supporti a treppiedi. Sul bordo piano della cappa stavano sale,mestoli, piccoli vasi di creta, un pestello di pietra, una grattugia, sul ripiano ove bruciava la legna un sedile di pietra, un ‘incavo per un orgiuolo d’acqua ripieno. All’ingresso stava una porta, una mezza porta con scivolo dove s’affacciava sulla strada la nonna; dietro la porta protetto da un panno un vaso coperto per i bisogni primari. Sulla parete di destra, s’apriva una piccola nicchia per l’appoggio immediato di quotidiani piccoli oggetti.
A natale dopo undici mesi d’attesa in questa nasceva il presepe. La mamma Maria, il padre Giuseppe, il bue, l’asinello, due pecorelle un pastore, un vasetto di sfoglia di legno, ove nella notte del venticinque dicembre un bambinello d’argilla pittato, fasciato alla vita con un piccolo panno, al suono lontano delle ciaramelle veniva portato cantando giulivi, stonati la nenia di sempre: “tu scendi dalle stelle o re del cielo…..”. Ricordo,...la nonna commossa, restava muta. Io, ... avevo poco più di otto anni.
Miani Michele
|
< Precedente | Prossimo > |
---|