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Vangelo di domenica 6 dicembre PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
venerdì, 04 dicembre 2009 21:42
S.Giovanni Battista
San Giovanni Battista
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 3,1-6.

Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.  Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati.  Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio! (segue commento di mons. Bertolone)

 

II Domenica d’Avvento

6 Dicembre 2009

La Parola scende su di noi

Introduzione                

In questa seconda domenica d’Avvento l’annuncio profetico delle domeniche precedenti lascia il posto alla concretezza storica. Infatti la pagina del vangelo di Luca, presentataci dalla liturgia odierna, si apre con un attacco solenne, fatto da personaggi importanti, noti alla grande storia, e con riferimenti a date e luoghi precisi. Invece, nella conclusione, il tono del racconto lucano si abbassa decisamente e c’è un solo personaggio, quasi sconosciuto: Giovanni Battista; un luogo senza gloria e magnificenza: il deserto; una Parola che scende come goccia d’acqua in un mare sconfinato di contraddizioni e meschinità.                Eppure è proprio questa conclusione  così insignificante rispetto alla magniloquenza iniziale a segnare l’avvio di una nuova storia dell’uomo e del mondo, perché ci dice quando e in che modo Dio è uscito allo scoperto, si è coinvolto in prima persona con noi, si è “buttato” dentro la mischia per renderci il desiderio e la speranza del cielo.E così accadde: ciò che sembrava l’elemento secondario nel frenetico fluire della grande storia, si è rivelato, in realtà il suo elemento destabilizzante. I quasi nulla, (un uomo, un deserto, una Parola) sono bastati a capovolgere troni e titoli, a sconvolgere logiche mondane che si compiacciono delle fragorose apparenze e  non si curano della la discreta verità dell’essenziale.                   

Veramente centrale in questo brano è un fatto, il fatto: nel groviglio di uomini e luoghi, la Parola di Dio è “discesa su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto”. Da questo momento nulla è più come prima nella  storia; ma, soprattutto, nulla è come prima nella storia personale di ciascuno, giacché per tutti nasce la speranza che “accadrà” la parola di Dio. Spetta tuttavia ad ognuno scegliere se far diventare la Parola verità essenziale alla propria vita; spetta a ciascuno nutrire il desiderio di scorgere all’orizzonte i veri segni del Nuovo che avanza; e spetta a tutti i credenti testimoniare con gioia e amore la speranza che “accade” nel cuore. 

Nel silenzio del deserto   Lontano dai “palazzi” dei potenti, dal clamore della notorietà si realizza, nel silenzio di un deserto, la vera storia dell’uomo e del mondo. Essa si compie per mezzo di una Parola che scende su ciò che è debole per confondere il forte; “accade” ad un uomo solo per espandersi, come cerchi nell’acqua, a tutti.                 Insegnamento straordinario questo dell’evangelista Luca: “…Il centro della storia, quello che dà valore e senso al processo degli avvenimenti storici, non è il potere politico mondiale, Tiberio Cesare, non è il potere religioso e politico locale, palestinese – Pilato, Anna, Caifa, Erode e Filippo – ma la parola di Dio che arriva a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto”. (R. Fabbris).Tutta la storia futura, collettiva e personale, dunque, si decide nel bel mezzo del nulla, e l’annuncio del suo “accadere” è affidato ad un uomo che ha scelto di vivere ai margini. Del resto non può essere diversamente, giacché Dio, conoscendo profondamente la natura umana, sa che la sua Parola di speranza e salvezza trova casa dove c’è una povertà che implora, un nulla mendicante del tutto.               

Infatti, se chi è orgoglioso non può mai rassegnarsi a pensare che nella sua verità essenziale, è soltanto un povero e un mendicante come tutti, come può aspettarsi, o solo desiderare, una salvezza che viene da Dio riconoscendo in questo modo di non essere lui in grado di realizzare pienamente la propria esistenza? Come può un uomo simile, così pieno di sé, consegnarsi all’attesa, alla fiducia, alla preghiera? Non stupisce affatto, allora, che la Parola sia scesa su Giovanni e la speranza sia venuta dal deserto, giacché proprio nel deserto Dio ha trovato un uomo non distratto, non sazio, un uomo che ha osato lasciarsi purificare, plasmare, un uomo che si è lasciato dare forma nuova dalla parola di Dio. (E. Bianchi). Così Giovanni il Battista si presenta oltre che precursore di Dio, anche paradigma ante litteram del vero credente, che spera tutto da Dio e si fa gioioso annunciatore di questa speranza.Una speranza atipica se la valutiamo con il metro della ragione umana, perché nasce dove non c’è nulla, come fiore di straordinaria bellezza e soave profumo in luogo deserto e arido; e sboccia quando sembra che tutto sia irrimediabilmente perduto per invitarci ad alzare di nuovo a fronte verso il cielo, desiderando ardentemente di raggiungere Chi da sempre ci viene incontro.Per questo, Avvento è attesa in movimento, perché la speranza che Dio non si dimentica di noi, continuando a cercarci e a scendere per incontrarci, ci fa guardare oltre l’orizzonte dei nostri limiti e infonde in noi il coraggio di riprendere con rinnovato slancio e vigore il cammino verso di Lui, perfettamente consapevoli che una volta incontrato tutto cambierà nella  nostra vita. 

Annunciatori di speranza                  Il cambiamento, tuttavia, non avviene magicamente, se consideriamo che lungo il cammino ci sono sentieri da raddrizzare, montagne da spianare e burroni da colmare. In altri termini bisogna desiderare il cambiamento per dare inizio ai lavori. Punto di partenza liberarsi  del superfluo, dell’inutile e del rumore, che confondono e disorientano; non accontentarsi del mediocre, ma desiderare “oltre”;  ridimensionare il cuore per renderlo culla accogliente del Dio che viene. Il punto d’arrivo sarà il  farsi abitare dalla verità della Parola per diventare veri uomini, forti e potenti, non per fama di grandezza, ma per fame d’Infinito.Raddrizzare i sentieri. Significa allora saper coltivare solo pensieri semplici e lineari, genuinamente orientati all’abbandono. Infatti la fede in Dio non è frutto esclusivo di speculazione filosofica o di ricerca scientifica, è fiducia che si fa abbandono. Essa va pure interrogata, nutrita con la mente, ma ad un certo punto esige un salto, un ragionevole salto tra le braccia di questo Dio.Riempire i burroni è colmare il vuoto generato dalle nostre molteplici fragilità. Lasciando che prendano il sopravvento, rischiamo l’immobilismo, perché, convincendoci che ogni sforzo per salire verso l’Alto è inutile, lontano dalla nostra portata, restiamo fermi, curvi sulle piccole cose, sulle mete modeste, sulle recriminazioni davanti ad ogni ostacolo, pronti a dare le dimissioni di fronte ad una vita che può essere una scalata, senza sperare mai di raggiungere la vetta. E invece la speranza di Dio è quell’ “oltre” che rende veramente felice la vita e autenticamente grande l’uomo.E, infine, spianare le montagne, è capacità di vedere con occhi diversi, di scrutare in profondità ciò che serve veramente. É capire in definitiva che l’essenziale non risiede in ciò che è grande, potente, appariscente, ma si nasconde tra le pieghe dell’ordinaria quotidianità, magari nei tratti di un volto comune, nella apparente ripetitività di gesti familiari che testimoniano la capacità di vivere non di solo pane ma anche di parole vere, di affetti, di bellezza, di spiritualità: della parola di Dio.                    

Essenzialità, verità, desiderio: ecco gli strumenti per trovare il dritto sentiero che conduce a Dio. E solo il pensiero di poterlo trovare ci procura gioia, mentre l’attesa del nuovo ci scuote il petto e desta stupore. Così l’animo si prepara all’Incontro, così si rafforza il desiderio e la speranza di ritrovare in noi un orizzonte più e luminoso. 

Conclusione                 Desidero dedicare proprio alla figura del Battista le battute finali di questa breve riflessione, quasi a volere ripetere lo schema del brano evangelico di oggi. Mi servo delle parole della poetessa Alda Merini recentemente scomparsa, che così descrive il Precursore: “Tale era il suo sguardo: non guardava nessuno in volto, ma sfiorava il cielo con lo sguardo, anzi, lo penetrava. E tutti vedendo i suoi occhi si rivolgevano al cielo…”. Essere toccati dalla speranza, abitati dall’amore di Dio, significa molto di più che annunciare la Sua venuta. Significa vivere avendo già radicato nel cuore e nella mente la voce di Dio. Solo così, infatti, la speranza e il desiderio del cielo, racchiusi dentro di noi, diventeranno veramente contagiosi.

Serena domenica

 

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