“Mi raccomando Abramo: questa volta niente giornalisti”. Questa è una delle frasi utilizzate dal filosofo francese Jacques Derrida (1930-2004) nel suo libro “…soprattutto niente giornalisti!”, (ediz..Gastelvecchi, marzo 2006, trad, it. di Tiziana Lo Porto), per iniziare a spiegare che le cose serie della vita e del pensiero non possono essere divulgate né dai giornali, né raccontate ai tanti consiglieri e confessori di cui è piena la vita moderna. Un libro acuto e scorrevole, nel quale il filosofo francese stigmatizza la necessità di assumere la notizia come qualcosa di serio. L’immagine presentata dallo scrittore è molto divertente. Dio, per mettere alla prova la fiducia di Abramo, gli chiese di uccidere il proprio figlio, senza però che questo facesse parola con qualcuno di ciò che doveva avvenire. Trasportando quella scena nel mondo moderno, Derrida immagina che Dio, avrebbe sicuramente puntualizzato ad Abramo che di quel patto, non solo non doveva far parola con i suoi familiari, ma nemmeno con giornalisti e psicoanalisti, perché sicuramente avrebbero trasfigurato la portata dell’evento come qualcosa di difficile comprensione.
Una rappresentazione emblematica che utilizzo per iniziare a riflettere su quello che avviene in questi giorni in Italia e che ha come principale protagonista la classe giornalistica. Stiamo sentendo che nel nostro Paese non viene rispettato uno dei principi base della Costituzione, l’articolo 21, che per chi non lo conoscesse recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni”. Ora mi chiedo cosa intendono coloro che manifesteranno in piazza per essere privi di “libertà di stampa e di opinione”. Vorrà forse dire che nel nostro Paese non possiamo dire come la pensiamo? Vorrà dire che in Italia non abbiamo programma di critica politica e sociale? Vorrà dire che in Italia non abbiamo la possibilità di stigmatizzare con ironia certi comportamenti adottati dalla classe politica-dirigenziale? Vorrà dire non avere la possibilità di mettere in piazza la vita privata di personaggi famosi? O magari vorrà dire non avere la possibilità di esprimere il proprio pensiero incessantemente contro tutti? Non scrivo a favore di nessun politico italiano, destra e sinistra, se si vuole fare davvero giornalismo, devono essere viste in maniera paritaria, cercando di stigmatizzarne i comportamenti non corretti e lodando quelli positivi. Ciò non avviene in Italia perché da sempre si è convinti che per vendere un giornale bisogna comunque e sempre parlare male di chi sta al “potere”. Avviene cosi che se al governo c’è la sinistra i giornali inconsapevolmente diventano di destra e viceversa, se la destra va al governo i giornali diventano di sinistra. Qualcuno se n’è accorto? A mio avviso, in Italia esiste libertà di stampa se per questo termine si intende poter dire la propria opinione. “Annozero”, si può permettere di trasmettere in prima serata sulla seconda rete della Tv nazionale, le confessioni di una escort, (termine inglesizzato per non dire meretrice, che sarebbe anche più elegante), che racconta i retroscena di incontri e festini con premier e politici del governo, come se solo i nostri facessero questo. Le reti Mediaset, fanno programmi satirici in cui la classe dirigenziale tutta viene derisa, mentre giornalisti e critici scendono in piazza facendo i sapientoni, conoscitori dei misfatti italiani. Quindi, non sto affermando che i nostri politici sono dei santi, anzi, ma voglio precisare che chi racconta i fatti lo fa in un modo poco leale. Si può parlare di privazione di libertà di stampa se c’è un incremento delle vendite dei giornali? Credo di no. Allora non è un caso che mi sia fatto carico di un concetto di natura filosofica per spiegare il mio pensiero. Proprio come voleva puntualizzare Derrida nel suo libro, credo che per trattare di fatti seri ci sia bisogno di persone serie, che ragionino prima di parlare e che pensino agli effetti benefici che dovrebbero portare ciò che scrivono. Tutto questo parlare contro Berlusconi, non porta beneficio all’Italia. Chi l’ha votato quest’uomo? Perché noi italiani continuiamo a manifestare in piazza, a pubblicare di tutto contro Berlusconi se poi siamo noi che l’abbiamo messo in quel posto? Soprattutto, perché non siamo in grado di fare come gli altri Paesi, che tacciono o danno scarso risalto agli argomenti scottanti? Quale italiano cosi sciocco, ha voglia di sentire sbeffeggiare la propria nazione da gente che dell’Italia non sa nemmeno qual è la capitale?Il falso problema per cui si manifesterà in piazza non avrà risvolti positivi o benefici, fino a quando ci sarà gente disposta a piegarsi per lavorare senza dire e scrivere quello che davvero pensa. Nulla cambierà se ci sarà gente che penserà solo a vendere, invece che a far riflettere. Nulla cambierà se ci sarà gente che dice in un modo e pensa in un altro. Nulla cambierà fino a quando noi italiani non sapremo scegliere chi davvero ci deve rappresentare. Nulla cambierà, e con questo mi trovo d’accordo con Derrida, fino a quando si vedranno i problemi da una prospettiva sempre contro-corrente e assoluta. Per questo, possiamo pensare che il problema non è la mancanza di libertà di stampa, ma è quello di riflettere a cosa deve condurre la libertà di stampa e in che modo. |