Il Nostro sangue a Kabul |
Scritto da M.Miani | |
sabato, 19 settembre 2009 06:57 | |
Sergente Maggiore Roberto Valente, nato a Napoli nel 1972, in forza al 187° Reggimento, 1° Caporal Maggiore Matteo Mureddu, Nato ad Oristano nel 1983, in forza al 186° Reggimento, 1° Caporal Maggiore Giandomenico Pistonami, nato ad Orvieto (Perugia) nel 1983, in forza al 186° Reggimento, 1° Caporal Maggiore Massimiliano Randino, nato a Pagani (Salerno) nel 1977, in forza al 183° Reggimento, 1° Caporal Maggiore Davide Ricchiuto, nato a Glarus in Svizzera nel 1983, in forza al 186° Reggimento. Una parte di noi è morta insieme a voi, siete tutti anche nostri figli e fratelli.
Caro tonino, questa volta ti mando una poesia che si riferisce ad una storia vera che mi riguarda da vicino, però rispecchia e dice cose che succedono ancora, quando un militare è costretto a partire per una guerra, una missione di pace la quale, poi altro non è che una guerra non dichiarata ma, reale nelle sue azioni quotidiane.Infatti, i militari caduti in Afghanistan, sono andati in pace, ma in quel paese hanno sparso il loro sangue con l’urlo micidiale del tritolo. Così com’è successo in altre parti del mondo e per altri militari di altri paesi. Che dire? A parte la pietà per i morti e la condivisione del dolore dei parenti, delle mogli e dei figli rimasti soli: orfani.Certamente l’Italia deve andare avanti nel suo impegno, per dignità, per non mancare alla parola “data”, perché, nel contesto mondiale, quando si sottoscrive un patto, questo va mantenuto fino in fondo, perché ci troviamo a valorizzare il nostro compito con gli ideali di democrazia, di giustizia e libertà da dare o da far conoscere e conquistare ad una nazione che questi valori non ha conosciuti e dove tuttora esistono sperequazioni, intolleranze, ingiustizie sociali, diseguaglianze, terrorismo fondamentalistico che imbarbariscono la vita.Ma, se non possiamo perdere la faccia, al primo contrasto, o, a essere più crudi nei termini al primo ferito, al primo morto, non possiamo tralasciare di riflettere sui motivi che ci conducono ad interferire nei processi interni di un popolo, e pensare sulla facilità con cui si delibera una missione nella quale quasi sempre cantano le armi: e cantano inni di morte.Possiamo riflettere sulle vere ragioni delle necessità di questi interventi. Siamo andati in tanti paesi per far fronte a situazioni di conflitti interni dettati troppo spesso da interessi interni fra parti che si contendono il potere, per dividere contendenti che si combattono per interessi commerciali, spesso velati da differenze religiose, In nome proprio del bene comune delle nazioni è necessario che il nostro governo pensi con serietà e serenità quando va a decidere di inviare dei nostri soldati fuori paese: La decisione sarà in linea con il pensiero elementare che ha espresso Obama? Perché un paese come il nostro ove vi è stata tolleranza, vige la filosofia dell’amore cristiano, esiste una democrazia, il rispetto della giustizia, e tante altre belle virtù deve mandare i suoi uomini a morire?
Preghiera amara Io t’amo Francesco. Ti prego, e so che inutile. Non voglio che tu parti. Questa guerra che io…, Tu non hai voluto non vuoi, non ami, perché tenero è il tuo cuore. Tremerò sola nel buio della notte quando sentirò lontano i latrati dei cani. Udrò il vento scivolare fra gli alberi lasciando note flebili, sottili accorati trascinati tuoi lamenti, da terre, luoghi remoti ove tu hai affidato la voce, parlato in solitudine, hai udito le sillabe amare dei fucili, schioppettare sparando come arcani fuochi natalizi. Essi di pace hanno solo il colore non il rumore che con l’eco si sperde odioso nell’aria immota. So di certo che di nascosto piangerò sopra il cuscino pensando a te lontano forse a sparare su un uomo che come te ha lasciato la moglie e i figli, come devi tu oggi obbligato. Io t’amo e muoio, ho il terrore che uno sparo ignoto nella notte colpisca il tuo cuore su un muto solitario arido sito lasciandoti solo a soffrire la morte che ti rapisce, senza che le mie mani accarezzino il tuo volto, e le mie lacrime bagnino umide frescure le guance a me care. Quest’amara impossibile preghiera rivolgeva mia madre inutilmente a lui mio padre. La sorda morte passò spezzò le speranzee li prese. Non parlò, non udì i gemiti, i pietosi lamenti, le tenerezze d’amore che si sussurravano mentre i lor cuori increduli tremavano privi di odio. |
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