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SS Corpo e Sangue di Cristo PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
domenica, 14 giugno 2009 11:19
ImageOggi celebriamo la festa dell’Eucarestia: nelle nostre Chiese risuonano le parole del Maestro quando, a tavola con i suoi, istituì il banchetto eucaristico: “Prendete, questo è il mio corpo…questo è il mio sangue…versato per molti”. Parole pronunciate da noi sacerdoti perché si rinnovi il mistero di una Presenza vivificante e fedele. La grandezza e la straordinarietà del mistero di questo piccolo boccone di pane è incommensurabile: affascina e attira a sé anche i più scettici. André Fossard, descrivendo il processo della sua conversione e di come trovò la fede entrando in un tempio, disse: “Solo una cosa mi sorprende: l’eucarestia. Che la bontà divina abbia trovato questo mezzo per comunicarsi mi stupisce, e soprattutto che abbia scelto il pane, che è sostentamento del povero e il cibo preferito dei bambini. Di tutti i doni che mi ha offerto il cristianesimo, questo è il più bello”.                 Dono prezioso e caro questo corpo, spezzato, e questo sangue, versato, di Cristo, che nella specie eucaristica continua a comunicare con l’uomo, e l’uomo con Lui, continua a incontralo nel suo intimo, abitando la casa della sua anima. È un Cristo che continua a percorrere le strade della nostra città , dei nostri quartieri; che viene a trovarci nelle nostre case.                Prepariamoci a questo incontro, con decoro e nel silenzio, perché dopo di Esso la nostra vita diventi veramente vita eucaristica: una “vita per …”. 

L’Amore cerca casa 

Quante volte facciamo la comunione e, camminando verso l’altare, ci lasciamo distrarre dai nostri pensieri, pensiamo a tutto, ma non al mistero che ci verrà ad abitare. Se noi siamo distratti, Cristo nell’invitarci a mangiare del Suo corpo e del Suo sangue non lo è: chiede di noi, ci chiama e ci invita a offrirgli ospitalità. Veramente incredibile questo mistero: siamo inaffidabili, ci circondano opere vuote, eppure Dio ci cerca per abitarci.                Se dovessimo fermarci alla forma, un piccolo pane bianco, che non ha sapore, che è silenzio, profondissimo silenzio, ci potremmo chiedere: cosa mai potrà darci questo po’ di pane, lieve come un’ala, povero come un boccone così piccolo da sfamare appena un bambino? Cosa potrà darci, dunque? È opportuno guardare con gli occhi della fede, in silenzio affacciarsi sull’enormità dell’evento a cui ogni domenica, ogni giorno assistiamo: Dio ci cerca, Dio è in cammino verso di noi, Dio arriva per assediare i dubbi del cuore, Dio vi entra e ne fa la Sua casa.                Cosa possiamo offrire a Dio? Noi stessi con tutta la fragilità della nostra condizione, con la nostra storia accidentata, che ha bisogno di cure; e fra questi limiti si apre una breccia e Dio vi deposita la sua lieve orma. Questa è la comunione: Dio ci abita e noi diventiamo la sua casa. È questo ha dell’incredibile: Dio si accontenta del groviglio di paure, del nodo di desideri che siamo, eppure ci chiama, ci incontra, ci abita, ci trasforma.                Sant’Agostino diceva: “Diventa ciò che mangi”. La comunione con il corpo e il sangue di Cristo è come una provocazione che ci spinge a diventare ciò che ancora non siamo: corpo visibile di Cristo. Mangiare e bere il corpo e il sangue di Cristo significa, infatti, fare propria l’intera vicenda di Cristo, cogliere il suo segreto vitale, appropriarsi del suo nucleo incandescente.

Quando Gesù ci dà il suo sangue vuole che nelle nostre vene scorre la sua vita, vuole che nel nostro cuore metta radici il suo coraggio e quel miracolo che è la gratuità delle relazioni. Quando Gesù ci dà il suo corpo vuole che la nostra fede si appoggi non a delle idee, ma ad una persona, all’incontro con il peso e la durezza della croce.         Quando Gesù comunica il suo sangue e il suo corpo vuole renderci attenti, premurosi verso il sangue e il corpo dei fratelli. Infatti il corpo è offerto e il sangue versato: la legge dell’esistenza è il dono di sé; norma di vita è dedicare la vita.

Comunione: una vita per… Una vita offerta, espropriata a vantaggio di tutti gli uomini è la vita che Gesù ci comunica nell’Eucarestia: “Non basta affermare che nel pane e nel vino è presente Cristo: occorre scorgervi la presenza di una vita in dono, e occorre prendervi parte…Così che dalla prima comunione (quella di Dio con noi) scaturisce la seconda (quella fra di noi): la vita del Cristo (una vita in dono) definisce la sequela”, ci fa essere quello che dobbiamo essere. Dobbiamo essere comunità che, comunicandosi con il corpo e sangue di Cristo, partecipa della Sua forza d’amore e della Sua smisurata capacità di perdono, del suo farsi dono per la vita degli altri: “Maria, appena ebbe ricevuto Gesù, andò in fretta a darlo a Giovanni. Anche noi, appena riceviamo Gesù nella Santa Comunione, andiamo in fretta a darlo alle nostre sorelle, ai nostri poveri, agli ammalati, ai moribondi, agli emarginati, ai respinti”. (Madre Teresa di Clcutta). Tutto ciò è rendere eucaristica la propria vita.                Certo, ci sono anche cristiani che si comunicano, ma poi si rivelano “assenti”, ma la loro assenza non è altro che la conseguenza di un’assenza precedente, di un rifiuto precedente di una Presenza. Gli “assenti” spesso accettano il Maestro seduto a tavola, ma non vogliono comunicare alla sua presenza dinamica. Perciò non seguono il Maestro che esce fuori, e affronta la notte, si fermano nel cantuccio del cenacolo e hanno l’assurda pretesa di comunicare con un’assenza. L’Eucarestia è non solo uno stare con Cristo, ma è anche un lasciarsi portare da Lui, soprattutto nel vento gelido della notte, delle contraddizioni, della lotta.

                Non credere alla presenza reale è un male, peggio è credere a una presenza reale “rassicurante”, che non ci porta a “prendere” la nostra vita, a comprometterci per gli altri.

Conclusioni Davanti a questi segni, del pane e del vino, che celano il mistero del corpo offerto e del sangue versato di Cristo sostiamo in silenzio e prostrati, dinnanzi al miracolo della Vita che si fa dono, lasciamoci attirare e coinvolgere. Lasciamo che la vita abitata da questa Presenza diventi dono, offerta per i fratelli, così facendo ogni domenica la celebrazione eucaristica continuerà la sua azione salvifica lungo le strade dell’uomo.             
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